«È facile essere con Draghi, e contro Salvini e Meloni, sul green pass o sui vaccini. Ma è sulla giustizia che il Pd deve saper dire con ancora maggior forza che siamo con Draghi e Cartabia (e con i ministri del nostro partito) e non con chi tenta di bloccare o snaturare una riforma irrinunciabile».
Salvatore Margiotta, ex dirigente del Ppi e della Margherita, è parlamentare del Pd (oggi in Senato) dal 2006, ed è stato sottosegretario alle infrastrutture nel governo Conte 2. Convinto sostenitore del governo Draghi, e garantista di lunga tradizione, rivolge al suo partito un appello a difendere senza se e senza ma la riforma della giustizia.
Senatore Margiotta, a chi si riferisce quando parla dei tentativi di «bloccarla o snaturarla»?
«Ad esempio a chi, come M5s, presenta oltre 900 emendamenti contro una norma licenziata all'unanimità dal Consiglio dei ministri (grillini inclusi). O a quella sezione del Csm, richiamata con saggezza dal presidente Mattarella a non debordare dal proprio ruolo, che ha sentito il bisogno di contestarla dando un parere negativo».
Coi Cinque Stelle però il suo partito tenta da tempo di costruire un'alleanza politica, e in virtù di questo si sta spendendo per ottenere una mediazione del governo.
«Ripeto: credo che il Pd non possa che stare senza timidezze e tentennamenti dalla parte di Draghi e Cartabia, e dei nostri ministri (Guerini, Franceschini, Orlando) che hanno sostenuto la riforma in CdM. In questa fase ci sono interrogativi importanti su cui dovremmo riflettere: sono più importanti le alleanze, o la definizione della nostra identità? Vogliamo essere il perno politico del governo Draghi, o non possiamo esserlo fino in fondo per non creare fratture col o nel potenziale alleato?».
Che c'entra l'identità del Pd?
«Dobbiamo essere chiari: la riforma della giustizia chiama in causa una delle ragioni fondanti e identitarie del Pd, ossia il garantismo. Io non concordo quasi mai con la visione e la strategia di Goffredo Bettini, ma ritengo che i suoi richiami al garantismo siano assolutamente convincenti e condivisibili. Dimostrano che non sono solo gli ex Dc come me a pensarla così, ma che molti anche nella sinistra ricordano che quei valori devono essere a fondamento del progressismo e del riformismo, e non andrebbero consegnati alle destre».
Quindi?
«Quindi: il Pd su questo fronte sta con Bettini, o con chi offre sponda alla linea di alcuni magistrati, rectius alcuni pm? Lo vedremo nei prossimi giorni, e io resto assolutamente ottimista e positivo».
Anche sulla approvazione rapida della riforma Cartabia?
«C'è tutta la buona volontà ad accogliere modifiche. Purché siano di carattere tecnico e non alterino l'impianto, e purché siano condivise dalla ministra Cartabia, e mai in contrapposizione al governo. Che sta facendo un investimento enorme e inedito sulla giustizia, dopo molti anni in cui non accadeva. Intervento che certo non può essere ridotto al tema, pur importantissimo, della prescrizione: ci sono misure organizzative importantissime, dall'ufficio del processo alle assunzioni di magistrati e personale. A chi si mette di traverso deve essere chiara una cosa».
Quale?
«Senza la riforma non avremo i soldi del Recovery Plan.
Il tema dei tempi dei processi è un problema grave che l'Italia deve superare, e non solo perché nelle condizioni per il Pnrr ci è stato chiesto di ridurli del 25%, ma perché la ragionevole durata del processo evita la prescrizione, ed è una garanzia per i diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione».
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