Pd, sì a Gualtieri-Lepore. È già scontro sui dati alle primarie sovietiche

A Roma e Bologna vincono i due candidati dell'apparato. Contestazioni interne

Pd, sì a Gualtieri-Lepore. È già scontro sui dati alle primarie sovietiche

«Il popolo di centrosinistra c'è ed è con noi», esulta a sera Enrico Letta, quando escono i primi dati ufficiali sulle primarie.

A Roma si afferma come previsto l'ex ministro Roberto Gualtieri, intorno al 62%, e ha Bologna il testa a testa tra l'ortodosso Matteo Lepore e l'outsider Isabella Conti è a vantaggio del primo, sia pur non proprio brillantemente: 55% a 45%. Ma è soprattutto sull'affluenza ai gazebo che si appunta il trionfalismo dem, che cerca di investire su un successo delle primarie per rilanciare la propria campagna elettorale. Così da quartier generale di Roma si annuncia che si sono raggiunti i 45mila partecipanti, più o meno lo stesso risultato del 2016. «Scommessa vinta», celebra Letta. «Smentiti i gufi», gli fanno eco dal Pd romano.

Peccato che arrivi subito il guastafeste, nella persona di Giovanni Caudo (l'urbanista candidato sostenuto dall'ex sindaco Ignazio Marino): numeri gonfiati, denuncia. «E' una proiezione non confortata dai dati, alla fine i votanti si attesteranno attorno ai 35mila». Anche perché, spiega, il dato ufficiale delle 19 era 27mila: «Difficile che in due ore ci sia stato questo balzo».

Una cosa è certa: questo giro di primarie un po' senza storia sono riuscite però a far riemergere dal passato anche antichi rivali un tempo su fronti contrapposti, ma che si ritrovano oggi uniti attorno ai candidati della «Ditta»: Massimo D'Alema è spuntato a sera a gazebo romani (quartiere Prati, noblesse oblige) per votare il suo ex pupillo Roberto Gualtieri («Allo stato attuale è il miglior candidato per Roma).

E a Bologna Romano Prodi ha speso il suo residuo peso per sostenere il candidato di apparato Matteo Lepore. «Sono certo che dopo il voto ci sarà una grande unità, si corre tutti insieme per la vittoria finale», flauta l'ex premier all'uscita dal seggio. E ad aggiungere un ulteriore tocco di amarcord alla grande pacificazione, arriva a votare pure Nanni Moretti, il regista che nel 2001 si era scagliato dal palco di Piazza Navona contro la classe dirigente del centrosinistra al grido di «Con questi leader non vinceremo mai». Ora chissà.

A Bologna, dopo settimane di scontro duro tra i due candidati (con il Pd locale che si è blindato, negando alla concorrente Conti l'accesso agli scrutini), i seggi dem hanno registrato un buon risultato: del resto, nel capoluogo «rosso», il vincitore delle primarie sarà con ottime probabilità il futuro sindaco. Il centrodestra ancora non ha scelto un nome, e i 5 Stelle non esistono quasi più. Nella Capitale, invece, la situazione è diversa: la vittoria alle primarie di Roberto Gualtieri era scontata, mentre la partita vera per il Campidoglio è estremamente più incerta. Il campo del centrosinistra è fortemente insidiato da un altro candidato che viene dalle sue file, Carlo Calenda, e che è in pista già da mesi e sta crescendo nei sondaggi. Il centrodestra, nonostante il candidato ignoto ai più, conta però di poter riassorbire una fetta consistente del voto populista andato la scorsa volta a Virginia Raggi.

Il che diminuirebbe assai le chance del candidato Pd di poter allargare la propria base di consensi, nonostante i tentativi di intesa con Giuseppe Conte, che si è dovuto sdraiare totalmente sulla Raggi per non rompere con l'ala oltranzista (e tendenzialmente di destra) del suo partito, che sostiene a spada tratta la disastrosa sindaca. Per l'ex ministro dell'Economia il difficile comincia ora.

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