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Il Pd si spacca sull'Italicum. I bersaniani dicono no a Renzi

Bersaniani e minoranza dem sul piede di guerra per l'assemblea di domani: "Siamo più di cento". Ora Renzi inizia a tremare

Il Pd si spacca sull'Italicum. I bersaniani dicono no a Renzi

È spaccatura netta sull’Italicum. Area Riformista ha annunciato che non voterà il sì definitivo alla legge elettorale se non vi saranno delle modifiche. La corrente che fa riferimento a Pier Luigi Bersani e al capogruppo del Pd Roberto Speranza va allo scontro diretto con il premier. Da un lato i bersaniani vogliono contarsi e dall’altro non voglio sporcarsi le mani. I dissidenti che domani, durante l’assemblea del gruppo alla Camera, si opporranno, secondo i calcoli della minoranza bersaniana, dovrebbero essere un centinaio.

"Oggi – ha spiegato il deputato Alfredo D’Attorre - si è riunita anche l'area più dialogante. Naturalmente se non ci sono modifiche è chiaro che si vota no". Dello stesso tono sono anche le parole di Davide Zoggia secondo cui: “Sul no di domani a questa riforma della legge elettorale c’è l’unanimità, vedremo poi le mosse di Renzi. Dipenderà innanzitutto se mette la fiducia o no”. Un Matteo Renzi che però non sembra intenzionato a cedere compromessi e che anzi, parlando alla Scuola unica dell’intelligence, ha rilanciato il suo cronoprogramma di governo confermando che: “la grande riforma, da quella istituzionale a quella elettorale alla Pa fino alla giustizia, entro l’anno sarà realizzata” perché “la saldezza delle istituzioni e la modifica delle regole del gioco serve a preservare le istituzioni”.

Un piano di riforme che sembra prendere una strada sempre più tortuosa nonostante proprio stamane il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini con sicurezza aveva dichiarato: “Non credo ci siano tanti deputati del Pd disposti a non dare seguito in Aula alle decisioni prese dal gruppo, altrimenti viene meno uno dei principi che regola la vita di un gruppo. Parliamo di lealtà e non di disciplina". Anche Marina Sereni, vicepresidente della Camera, si è detta “fiduciosa che prevarrà il senso di unità e la consapevolezza che siamo nel pieno di una legislatura che può continuare e rivelarsi molto produttiva se il Pd e la maggioranza che sostiene il governo sapranno far prevalere l’interesse generale dell’Italia e l’amore per il nostro Paese”.

Ma per la minoranza dem l’interesse generale, evidentemente, coincide con l’opposizione sempre più combattiva verso il premier e le sue riforme. Come spiegato anche da Stefano Fassina, in un’intervista alla Repubblica, "Nessuno vuole ricominciare da capo, ma il problema non è la legge elettorale, quanto il pacchetto Italicum-revisione del Senato che comporta un presidenzialismo di fatto, senza i necessari contrappesi”. "Le riforme – conclude Fassina - vanno completate, ma corrette.

Si può chiudere la legge elettorale con un paio di emendamenti significativi alla Camera e approvarla in via definitiva al Senato entro l'estate perché con il combinato disposto Italicum-nuovo Senato chi arriva primo, a prescindere del consenso che riceve, prende tutto: ministri, presidente della Repubblica, giudici della corte".

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