Il Pd vuole l'Italicum prima delle Regionali E sogna il «cappotto»

di La parola d'ordine, a Palazzo Chigi, è una sola: «Si va avanti sulle riforme, come prima e più di prima».

La rottura con Berlusconi non cambia di una virgola, nelle intenzioni del premier, il percorso già tracciato. Nonostante le pressioni e gli auspici della minoranza interna, che spera di veder slittare la legge elettorale: «Sarebbe meglio riparlarne dopo le regionali, fuori dalla campagna elettorale», dice Francesco Boccia. In casa renziana però smentiscono l'intenzione, anche se i lavori parlamentari subiranno un inevitabile rallentamento causa ostruzionismo delle opposizioni, cui da ieri si è aggiunta anche Forza Italia: la riforma del Senato e del Titolo V, che si sperava di chiudere martedì prossimo, andrà più per le lunghe. Poi una serie di decreti, a cominciare dal Milleproroghe, che altrimenti rischiano di scadere. A conti fatti, è difficile che l'esame dell'Italicum inizi prima di fine marzo, e le Regionali sarebbero il 17 maggio: il margine è ristretto. Ma Renzi vuole poter andare in campagna elettorale rivendicando di aver portato a casa la nuova legge elettorale. Nel Pd c'è grande ottimismo: i sondaggi segnano una netta crescita, e da qualche giorno si è fatta strada la convinzione di poter vincere anche in Campania, ultima regione fuori dal Lombardo-Veneto ancora in mano al centrodestra: «Ce la faremo, con qualunque candidato», assicura il bersaniano Nico Stumpo. Già, perché il candidato ancora non c'è e nel Pd campano continua la rissa che brucia un nome dietro l'altro: ultimo, a quanto pare, l'ex Sel - oggi Pd - Gennaro Migliore. E persino in Veneto gli scossoni interni al centrodestra lasciano qualche margine di speranza al Pd. Il possibile semi-cappotto alle Regionali, però, potrebbe ulteriormente complicare l'iter delle riforme: «Se tutte o quasi le regioni, che nomineranno i componenti del Senato, saranno nostre, perché Forza Italia dovrebbe non far saltare la riforma in seconda lettura a Palazzo Madama?», si chiedono nella cerchia del premier. Il problema, comunque, si porrà in futuro: per ora, a Montecitorio, la maggioranza tiene tranquillamente ed è Forza Italia a dividersi: «Al momento - nota con un filo d'ironia il ministro Maria Elena Boschi - sembra che stia votando in modo vario ed eterogeneo». Tanto che nel Pd ci si chiede se la rottura sia davvero definitiva.

Intanto però, persa la sponda Fi, la maggioranza va blindata e l'Ncd ridiventa centrale: ieri in Consiglio dei ministri Renzi ha regalato il podio ad Alfano, che ha potuto varare il «suo» decreto anti-terrorismo. E a sinistra c'è allarme sulle possibili concessioni ai centristi sulle unioni gay, ancora in stand by.

La minoranza Pd si aspetta un'apertura del governo sulla richiesta di controllo preventivo della Corte costituzionale sulla legge elettorale, e plaude alla convocazione della Direzione Pd per lunedì, decisa ieri da Renzi: «Era la nostra richiesta, ora che il Nazareno è saltato bisogna riassestare la linea», spiegano i bersaniani.

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