Una doppia stagnazione. Quella di un economia destinata a non decollare neanche nel 2020 e che quasi certamente pagherà duramente i contraccolpi del coronavirus. E quella di un governo che ormai da mesi è completamente paralizzato, succube delle guerre interne al M5s e in ostaggio di un Matteo Renzi deciso a tenerlo perennemente sul filo. Così, ancora una volta, ai pessimi indicatori economici messi nero su bianco negli ultimi giorni da Banca d'Italia, Istat e Ufficio parlamentare di bilancio e al rischio che l'epidemia cinese deprima l'intera economia planetaria, da Palazzo Chigi si reagisce con la consueta sequela di tavoli di lavoro. D'altra parte, è solo il secondo atto di quella verifica di governo annunciata con grande squillare di trombe all'indomani delle regionali di Emilia Romagna e Calabria, incontri e riunioni che di concreto hanno fino ad oggi portato poco o niente.
Così, seguendo il solito spartito, proprio sul coronavirus ieri mattina si è consumato l'ennesimo vertice interministeriale, presenti Giuseppe Conte, il capo della Protezione civile Angelo Borrelli e i ministri Roberto Speranza, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri, Lorenzo Guerini e Dario Franceschini. Una riunione dalla quale è emersa l'intenzione del governo di «perseguire una linea di massima precauzione con l'obiettivo prioritario di assicurare la tutela della salute di tutti i cittadini, come fatto fino ad ora con tutte le misure già assunte». E qui sta uno degli aspetti più delicati, visto che Pechino considera «eccessive» le misure prese dall'Italia che tra i primi ha deciso di bloccare i voli con la Cina (proprio ieri le agenzie cinesi che si occupano dei visti per il nostro Paese hanno fatto sapere che resteranno chiuse fino al 17 febbraio). «Auspichiamo che Roma - ha fatto sapere Geng Shuang, portavoce del ministero degli Esteri cinese - possa avere una valutazione della situazione obiettiva, razionale e fondata sulla scienza e che si attenga alle raccomandazione dell'Oms senza andare oltre il limite del ragionevole». Un appello che non ha però fatto breccia nel governo italiano, convinto a seguire la linea del massimo rigore. «Siamo solidali con il popolo cinese, ma la salute dei nostri cittadini resta la priorità», è la replica arrivata da Palazzo Chigi. Una posizione che, una volta tanto, non divide la politica, visto che anche l'opposizione concorda sul punto.
Inizia però a farsi strada una certa preoccupazione per i probabili ricaschi sul fronte economico. Non solo per le tante aziende italiane che operano in Cina e che - fa notare Confindustria - si trovano ad affrontare serie difficoltà logistiche, di gestione delle risorse e di approvvigionamenti della merce. Ma anche per i mancati introiti dei consistenti flussi turistici che arrivano in Italia dalla Cina. L'ultimo appello al sostegno tramite interventi finanziari è quello del governatore del Veneto, Luca Zaia, che parla di un vero e proprio «cataclisma» per una Venezia già messa in ginocchio dall'alluvione. Mentre il presidente della Lombardia Attilio Fontana teme un «impatto importante sulle grandi fiere», visto che «in queste manifestazioni i cinesi sono grandi partecipanti e grandi acquirenti». Inutile dire che a Palazzo Chigi è stato aperto un tavolo di lavoro anche su questo.
«Abbiamo avviato un percorso per individuare misure per contenere l'impatto dell'emergenza sul nostro sistema economico e produttivo, a partire da forme di sostegno all'attività e l'export delle aziende coinvolte», fa sapere a sera il ministro dell'Economia Gualtieri.
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