Peggio del previsto, il Def è un disastro: l'Iva aumenta dal 2020

Nella bozza la conferma del fallimento: Pil a picco, cresce il debito. Le riforme? Senza effetti

Peggio del previsto, il Def è un disastro: l'Iva aumenta dal 2020

I numeri tornano solo perché c'è il taglio della spesa voluto da Bruxelles e non ci sono gli effetti delle riforme targate Lega e M5S. Costosissime e confinate nel Piano nazionale per le riforme. Ma anche depurato dalla flat tax o dallo sconto fiscale per le famiglie, il Documento di economia e finanza varato ieri dal Consiglio dei ministri dà un quadro dell'economia e dei conti pubblici tutt'altro che tranquillo.

C'è la crescita del Pil del 2019 tendenziale allo 0,1%, che era attesa. Ma c'è quella programmatica che è fissata allo 0,2%, stando al comunicato della presidenza del Consiglio. In altre parole l'effetto del decreto Crescita, che sarebbe dovuto essere il grande volano per la ripresa, si limita a un punto decimale. Non lo 0,5% ipotizzato alla vigilia dell'approvazione «salvo intese». È l'operazione verità voluta dal ministro dell'Economia Giovanni Tria, a beneficio dei mercati e dell'Unione europea.

Nelle bozze c'è la previsione tendenziale degli aumenti dell'Iva e delle accise nel 2020 e nel 2021. Contabilizzata perché il quadro dei conti pubblici deve essere validato prima dall'Ufficio parlamentare di bilancio e poi dalla Commissione europea. Ma su questo punto al consiglio dei ministri è andato in scena uno scontro tra i ministri M5s e Lega da una parte e Tria dall'altra. Il messaggio da mandare all'esterno è «niente tasse».

Nel documento c'è, nero su bianco, il taglio della spesa pubblica previsto dalla legge di Bilancio come clausola di salvaguardia. Sono due miliardi di euro «di spesa delle Amministrazioni centrali» che «resteranno congelati nella seconda metà dell'anno». Nei giorni sorsi il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis aveva espressamente invitato il governo a fare scattare la misura. Che non sarà comunque sufficiente.

Il deficit di quest'anno è stimato al 2,4% per cento del Pil rispetto al 2,04% delle precedenti stime ufficiali. La variazione strutturale del deficit strutturale sarà solo dello 0,1%. È l'effetto dell'operazione verità, nel senso che la bassa crescita deve essere considerata nella stima strutturale del deficit. Un lasciapassare per il via libera europeo visto che il risultato è in linea con la flessibilità concordata con la Commissione.

Più problematico il debito, fissato al 132,7% del Pil nel 2019, in rialzo dal 132,2% del 2018. Colpa della bassa crescita.

Anche in questo caso il documento strizza l'occhio alle richieste di Bruxelles e mette sul piatto una ulteriore cessione di immobili pubblici da 1,25 miliardi fino al 2021, oltre agli 1,84 già previsti.

Di rilevo anche il dato sulla disoccupazione, data in crescita all'11% quest'anno dal 10,6% del 2018, nel 2020 salirà ancora all'11,2%, per poi ridiscendere leggermente al 10,9% nel 2021. C'è un effetto reddito di cittadinanza, ma non è quello atteso.

Il governo assicura che sono confermati i programmi di governo: «Nessuna nuova tassa e nessuna manovra correttiva». Ma il costo è l'esclusione delle misure fiscale dal Def.

Insomma il documento è «essenzialmente a legislazione invariata», come ha

spiegato Tria prima del Consiglio dei ministri. Tra le misure presenti, il «turnover al 100% nelle pubbliche amministrazioni e nessun taglio», ha rivendicato il ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno.

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