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Pell colpevole di pedofilia Il consigliere del Papa rischia 50 anni di carcere

Ritenuto responsabile di abusi su due ragazzini La Santa Sede: non è più prefetto per l'Economia

Serena Sartini

Divieto di celebrare messa in pubblico e proibizione da qualsiasi contatto con minori. Il Vaticano conferma la sospensione già in atto, in via cautelativa, nei confronti del cardinale australiano George Pell, che rischia 50 anni di reclusione dopo la condanna per violenza sessuale su minori. «Pell non è più prefetto della Segreteria per l'Economia», ha precisato ieri sera il Vaticano. Di fatto era il numero tre della Santa Sede, chiamato dal Papa nel 2014 per fare pulizia sulle finanze vaticane, Pell è stato ritenuto colpevole di abusi sessuali nei confronti di due ex chierichetti, di 12 e 13 anni, quando si trovava nell'arcidiocesi di Melbourne, nel 1996. Solamente uno di loro ha testimoniato al processo; l'altro è morto per overdose nel 2014. La giuria ha poi ritenuto colpevole l'alto prelato di aver aggredito in modo indecente uno dei ragazzi in un corridoio più di un mese dopo.

Pell, 77 anni, è il primo cardinale a essere condannato dalla giustizia per abusi sessuali compiuti su minori. Il verdetto unanime dei 12 membri della giuria è stato emesso l'11 dicembre, ma il tribunale ne aveva vietato la pubblicazione. Ieri l'annuncio choc. L'udienza di condanna inizia oggi, ma Pell, che continua a dichiararsi innocente, ha annunciato che ricorrerà in appello. Non è stato un caso che il 12 dicembre, il giorno dopo la sentenza rimasta segreta fino a ieri, il Papa avesse rimosso Pell dal C9, il Consiglio dei cardinali, l'organo istituito da Bergoglio per coadiuvarlo nella riforma della Curia romana. La vicenda giudiziaria del porporato inizia nel 2014, quando viene chiamato a testimoniare davanti alla Royal Australian Commission, l'organismo che investiga sugli abusi sessuali. Tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 è accusato di insabbiamento su casi di abusi commessi da sacerdoti negli anni Settanta.

Pell non si avvale dell'immunità diplomatica, ma presenta un certificato medico per non tornare in Australia e si difende da Roma, in videoconferenza. Nega di essere a conoscenza dei fatti accaduti nella diocesi di Ballarat. A fine 2016 una nuova indagine pende sulla testa del porporato, che viene interrogato a Roma da legali australiani. Questa volta l'accusa è più grave: pedofilia e abusi sessuali. Lascia la Segreteria dell'Economia in Vaticano (probabilmente su indicazione del Papa) e decide di tornare in Australia per difendersi. Ora il cardinale rischia fino a 50 anni di reclusione, mentre potrebbe incorrere in un processo canonico che potrebbe portare agli stessi provvedimenti del cardinale McCarrick, e cioè che gli venga tolta la porpora, che venga espulso dal Collegio cardinalizio, fino alla pena più severa, la dimissione dallo stato clericale.

«La notizia ha scioccato non solo l'Australia e il mondo, ma anche i vescovi cattolici australiani scrive la conferenza episcopale australiana ma tutti devono essere uguali davanti alla legge. La nostra speranza è che attraverso questo processo sia fatta giustizia». In Vaticano è Alessandro Gisotti, direttore «ad interim», a intervenire. «Una notizia dolorosa che, siamo ben consapevoli, ha scioccato moltissime persone non solo in Australia. Ribadiamo il massimo rispetto per le autorità giudiziarie australiane». Una delle vittime di abusi, il britannico Peter Saunders, ha commentato: «Ora Pell marcisca in prigione».

Nella stessa giornata, un'altra bomba è scoppiata sempre nella chiesa australiana. L'arcivescovo di Brisbane, Mark Coleridge, è sotto indagine con l'accusa di insabbiamento di casi di abusi.

È stato lo stesso prelato, domenica scorsa, a pronunciare una dura omelia nella messa finale del summit in Vaticano sulla tutela dei minori, tuonando contro la piaga della pedofilia.

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