L'Ape sociale non è per tutti. L'anticipo di pensione previsto per le categorie svantaggiate non verrà erogata a ben 44.306 dei 66mila richiedenti. Due domande su tre sono state bocciate.
Lo ha annunciato il direttore generale dell'Inps, Gabriella Di Michele, nel corso di una audizione alla Commissione Lavoro della Camera dei deputati. In particolare sono state rigettate 25.895 domande di Ape sociale (pari al 64,89% delle richieste) mentre per i lavoratori precoci con almeno 41 anni di contributi sono state respinte 18.411 domande (70,13% del totale). Di Michele ha aggiunto che grazie ai nuovi indirizzi inviati dal ministero del Lavoro le domande respinte saranno riesaminate. C'è infatti la volontà del governo, come precisato da una nota del Ministero del Lavoro, di ampliare l'utilizzabilità dell'Ape sociale con apposite norme, inserite nella Legge di bilancio, che vanno in direzione di un allargamento della platea dei beneficiari della misura, con particolare riferimento alle lavoratrici con figli e ai lavoratori disoccupati a seguito della conclusione di contratti a tempo determinato. Il numero che potrà essere accolto di nuovo comunque sarà comunque «esiguo», come commenta la stessa Di Michele.
Al momento, resta il fatto che - dati alla mano - soltanto un terzo dei lavoratori potrà sfruttare questo sostegno economico ideato per accompagnare categorie svantaggiate fino all'età della pensione di vecchiaia. La più elevata percentuale di certificazioni respinte, spiega il direttore generale, si registra per la categoria dei lavoratori disoccupati, che hanno presentato 27.706 domande per l'Ape sociale (di cui il 69,2% non è stato accolto) e per i lavoratori precoci (respinte il 67% delle 6.729 richieste). Percentuali di rigetto ancora più alte riguardano le domande presentate da lavoratori addetti a mansioni difficoltose o rischiose: su 4.003 aspiranti pensionati attraverso l'Ape sociale il 76,9% non ha ottenuto l'assegno; mentre a chiedere di utilizzare le regole previste per i lavoratori precoci sono state 10.831 persone, di cui il 79,4% ha ottenuto una risposte negativa. Trattandosi di pensioni finanziate direttamente dal Tesoro, si potrebbe dire che questa volta lo Stato non è stato di manica larga. Anzi, il suo «braccino corto» ha fatto infuriare e non poco i sindacati. «I dati riferiti all'esito delle domande per l'accesso all'Ape sociale sono di una gravità estrema - tuona Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil -. L'Inps e il governo devono immediatamente porre rimedio a una situazione incredibile nella quale lo spirito della norma viene ignorati». Nel commentare i dati, Domenico Proietti della Uil è ancora più sbalordito.
«È impossibile - dice - che il 65% delle domande dell'Ape sociale e il 70% delle domande di pensione per i lavoratori precoci, che l'Inps ha respinto, siano prive dei requisiti sostanziali. Ancora una volta insopportabili rigidità, restrizioni e complicazioni procedurali stanno mettendo a repentaglio un diritto faticosamente conquistato».
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