Il governo apre alle parti sociali sulla rivalutazione delle pensioni. Se ne è discusso ieri nell'incontro tra il premier Giuseppe Conte e una delegazione delle tre sigle confederali Cgil, Cisl e Uil che negli ultimi mesi erano sul piede di guerra dopo che l'esecutivo Lega-M5S aveva modificato, in corso d'opera, lo strumento di adeguamento. Nel 2019, difatti, sarebbe dovuto tornare in vigore il sistema di rivalutazione degli assegni con cui sarebbe stata apportata una piccola riduzione dell’aumento riconosciuto solo per le "fasce alte". Il precedente governo aveva adottato un meccanismo più penalizzante che avrebbe permesso, però, risparmi per 253 milioni nel 2019, 742 nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021.
I sindacati avevano preannunciato, così, uno sciopero con l'arrivo dell'autunno. Ieri è arrivata, però, la trattativa che dovrebbe stemperare le tensioni. L'adeguamento all'inflazione dei trattamenti previdenziali rappresenterebbe una "boccata d' ossigeno" per chi si trova in quiescenza. La rivalutazione dei trattamenti previdenziali significa, però, coperture economiche da trovare e le risorse scarseggiano. Il pensiero, allora, va al Mef e al ministro Gualtieri e, soprattutto, all'imposta sul valore aggiunto. Il governo ha disinnescato l'aumento delle aliquote Iva trovando 23 miliardi di euro di risorse anche attraverso l'aumento del deficit.
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