Noi italiani ogni tanto dovremmo sollevare la testa dalla Gazzetta dello sport e dedicare qualche tempo al Sole 24 ore . Anche solo per non appassionarci immancabilmente delle finanze di Vidal e Higuain, ma qualche volta pure delle nostre. Sono tutti e due giornali rosa, in tonalità diverse, il primo passa per leggero e divertente e il secondo per pesante e serioso, ma ci sono giorni in cui il secondo riserva emozioni più forti del primo. Spesso, veri e propri choc .
In queste ore è fatica riprenderci dall'ultima radiografia pubblicata sull'eterno incubo italiano, il sistema previdenziale, volgarmente detto le nostre pensioni. Dopo la riforma Fornero era passato un messaggio - molto grossolano, decisamente generico - che comunque un poco rassicurava: riforma sanguinosa, riforma spietata, ma almeno il nostro futuro è salvo. Purtroppo non è esattamente così. Sembra già il tempo di considerare questa convinzione come un liso luogo comune, del tipo non esistono più le mezze stagioni. Come spiegano gli esperti del Sole , non c'è niente di salvo e niente di sicuro, nel nostro domani. Segnalo solo i passaggi che suonano più inquietanti.
Mauro Meazza: «Per quante riforme e sacrifici si facciano, il sistema previdenziale italiano sembra sempre un macchinario troppo complesso e con il fiato troppo corto». «Le pensioni italiane sono complessivamente rimaste, per molti anni, più una raccolta di ammortizzatori sociali che un reale sistema previdenziale: la transizione verso migliori equilibri è ancora da completare». «La cattiva notizia è che con una crescita da prefisso telefonico ci sarà poco da stare tranquilli». Quindi l'analisi di Sandro Gronchi: «Le malformazioni del sistema restano così tante da non trovare spazio in un articolo». «La posta in gioco è elevata: occorre salvare il sistema contributivo italiano prima di vederne la fragile architettura sgretolarsi sotto il peso delle sue incongruenze».
Giovani e vecchi, uomini e donne: nessuno può sentirsi al sicuro. Altro che legge Fornero, sanguinosa però salutare. Siamo sempre appesi a un filo in un gioco di rasoi, come diceva Emilio Cecchi. Tra tante incertezze, una sola certezza: non basta una Fornero per rimettere a bolla il sistema, purtroppo non basterebbe nemmeno Mago Merlino. Serviranno altri anni di terapia intensiva, per rimettere in piedi il corpaccione sfiancato del sistema previdenziale.
Stilando il bollettino di prognosi riservata, il Sole si addentra anche in una mappatura capillare delle singole realtà, area per area, città per città. Da questo punto di vista, le sorprese sono poche. Niente di più scontato e risaputo. Basta guardare le tabelle: non esiste un'Italia, ma diverse Italie diverse. Le pensioni di anzianità vengono definite «premianti» nelle provincie più dinamiche e ovviamente più industrializzate, mentre risultano eternamente rachitiche nelle zone economicamente più depresse. Fari puntati su Biella, che guida la speciale classifica degli assegni di anzianità, classifica in cui peraltro i primi dieci posti sono occupati tutti da provincie del profondo Nord: le più meridionali Cuneo e Ravenna, per capire il senso.
Salutando Biella, subito un sentito pensiero a Oristano, il centro più flagellato dalle invalidità, con un 9,4 per cento sulla popolazione. Completezza d'informazione segnala che tra le prime dieci provincie di questa triste «classifica invalidi» la più a Nord risulta Pescara.
Vogliamo tirare conclusioni? Non è nemmeno più il caso. Ciascuno è in grado di farsi un'idea, sulla base di questi dati oggettivi. Però, se davvero si vogliono fare passi avanti, non è più possibile ignorare quanto Mauro Meazza dice nel suo commento: «Le pensioni italiane sono rimaste per molti anni più una raccolta di ammortizzatori sociali che un reale sistema previdenziale». Se il grandioso Sud della sana alimentazione mediterranea, dell'aria buona e del pesce fresco domina tutte le classifiche di invalidità, qualche riflessione seria, senza stupidi buonismi e ipocrisie pelose, bisognerà pur avviare.
Come segnala ancora il Sole , le campagne di controlli avviate sulla effettiva legittimità di questa assistenza agli invalidi non ha cambiato di molto la situazione. Ancora troppi i finti infelici e i molto furbi. Restiamo la nazione dei ciechi che tirano al piattello, degli sciancati che vanno ai corsi di tango, dei sordi che occupano il loggione alla prima della Bohème . Soprattutto, dei medici che certificano certe menzogne.
In questo caso, la preoccupazione sul futuro del nostro sistema pensionistico è sovrastata da qualcosa di molto più angosciante: per ogni euro rubato dai falsi invalidi, c'è un euro in meno riservato agli invalidi veri. Questa non è una stortura previdenziale: è una vergogna nazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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