Roma - Per cercare di trovare la quadra sulle pensioni nella prossima legge di Stabilità ieri si sono incontrati a Palazzo Chigi il presidente dell'Inps Tito Boeri e il sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini. Mentre i sindacati premono, chiedendo di stanziare risorse per evitare che il peso ricada soprattutto sui lavoratori, il governo studia la possibilità di ritoccare la riforma degli ammortizzatori sociali del 2015 nei casi di lavoratori di imprese in difficoltà, ma non decotte, i cosiddetti «esuberi» al centro delle trattative. Si potrebbe prolungare di alcuni anni la «copertura» garantita dalla Naspi al massimo per 2 anni (nel 2017 scomparirà anche la mobilità), per «accompagnare» con una contribuzione figurativa questi lavoratori alla pensione.
Ma ci sarebbe anche la possibilità di chiedere, in base pure alla durata del prolungamento della cassa integrazione, un contributo alle aziende che beneficiano dell'operazione di «alleggerimento» e un coinvolgimento dei fondi di solidarietà, ridisegnati dal decreto attuativo del Jobs Act.
Per i lavori usuranti o «gravosi», invece, tutto sarebbe ancora in alto mare. I tecnici del governo starebbero cercando di circoscrivere una casistica difficile da individuare.
Più definito sarebbe il dossier «uscita con penalità», che potrebbe riguardare un'altra fetta dei lavoratori. Tra le opzioni, quella di accedere a un pensionamento anticipato finanziato con un mini-prestito bancario.
Favorevole alla «flessibilità in uscita» è sempre stato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e concorda la madre della riforma, Elsa Fornero. Secondo l'ex ministro è possibile introdurla perché i conti pubblici sono migliori che ai tempi del governo Monti. Ma attenzione, dice, ad assicurare più lavoro ai giovani, perché solo con una maggiore crescita si favorisce l'occupazione.
Intanto le prime 150mila buste arancioni sono pronte a partire entro la settimana. L'invio delle lettere con la simulazione della pensione futura dei cittadini sarà casuale, almeno per l'età anagrafica. Le informazioni ricostruiscono la carriera contributiva passata, chiedono di verificare che i dati siano esatti e riguardano anche il rapporto tra i contributi versati e la pensione futura, la data possibile per lasciare il lavoro e il legame con la crescita economica.
Il tema rimane al centro di scontri e polemiche, divide sia i politici sia i tecnici. Soprattutto sull'allarme lanciato da Boeri: la generazione del 1980 rischia di andare in pensione con un ritardo anche di 5 anni, arrivando così a 75 di età.
Per il segretario generale della Cgil Susanna Camusso quelle del presidente dell'Inps sono «parole irragionevoli», perché si «rischia di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani con molti che reagiscono dicendo: allora non pago più i contributi». AMG
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