Pensioni, la riforma di Boeri: tre anni prima col 9% in meno

La proposta del presidente Inps per correggere la legge Fornero sulla flessibilità: uscite anticipate fino ai 64 anni con una perdita del 3% annuo. Senza tagli agli assegni più alti

T re per tre (per cento), contro quattro per due. Sulle pensioni, dopo anni di riforme lacrime e sangue, sembra scoppiata la competizione tra chi fa la proposta più vantaggiosa per i pensionandi (e meno penalizzante per i pensionati). Presto per festeggiare, anche se il pressing sul governo è forte perché è ormai certo che l'esecutivo abbia l'intenzione di presentare un piano.Ieri è tornato alla carica il presidente dell'Inps Tito Boeri, rilanciando una versione molto annacquata del suo piano per smussare le rigidità della riforma Fornero. Se prima c'era un ricalcolo delle pensioni più alte (in realtà dai 2mila euro netti in su), oggi c'è una semplice rimodulazione dell'assegno di chi volesse anticipare l'età del ritiro. Molto simile alle proposte che sono arrivate dalla sinistra Pd, già dal 2013. Pensione 3 anni prima del previsto con delle riduzioni «di circa il 3% in meno per ogni anno di anticipo», quindi «se si va tre anni prima si perderebbe massimo il 9%», ha spiegato ieri.Si tratta in sostanza di una mensilità all'anno in cambio di tre anni di «libertà». Più o meno è il costo previsto anche dalla precedente versione del piano Boeri. Questa volta manca la parte dei sacrifici, che consistevano in un ricalcolo delle pensioni. Si era parlato dell'applicazione del contributivo per parte degli assegni dei pensionati che si sono ritirati con il sistema retributivo. Su questa parte della proposta sta calando il sipario, per due ragioni che ormai anche i vertici Inps ammettono. Primo: con il ricalcolo contributivo alcuni pensionati anziani, considerati privilegiati, potrebbero addirittura vedersi riconosciuto un assegno più ricco. Secondo motivo, il pubblico impiego. Impossibile calcolare i contributi pagati dallo Stato prima del 2002.Insomma, Boeri sembra avere virato verso una proposta molto simile a quella proposta da Cesare Damiano e altri tre anni fa, che però è più generosa. Prevede un taglio del 2% all'anno per un anticipo che può arrivare a quattro anni. Otto punti di penalizzazione massima e la possibilità di ritirarsi a 63 anni. Resta il problema dei costi. L'ex ministro Pd difende l'anticipo, spiegando che i costi sarebbero solo per i primi quattro anni e poi il nuovo regime prevederebbe risparmi, visto che l'assegno dei pensionati anticipati sarebbe inferiore a quello che avrebbero presto con il vecchio regime.Paradossalmente Boeri sembra parlare la stessa lingua. Boeri ieri ha spiegato che per superare le perplessità di chi (e sono tanti) dice che la riforma costa troppo è «farsi certificare, magari dall'ufficio parlamentare di Bilancio che una riforma come questa non ha effetti di lungo periodo sui conti previdenziali». Boeri dice di averne parlato con il premier Matteo Renzi. Anche nel Pd si stanno moltiplicando i contatti con il ministro Poletti e i sindacati, autonomi e confederali, si stanno muovendo. Il segretario confederale della Uil Domenico Poietti accusa: «È stato un errore non farlo con la scorsa legge di Stabilità». Il governo sta effettivamente pensando di fare qualcosa. Scenario uno, un intervento sulle pensioni.

Altro scenario, il piano con un ulteriore taglio delle tasse al quale sta facendo riferimento da giorni lo stesso premier. Il tutto, considerando che l'Ue non vuole che sia toccata la riforma Fornero. Una certificazione dell'ufficio bilancio potrebbe non bastare a fare cambiare idea alla Commissione.

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