Perquisirono stranieri: vigili urbani a processo

Secondo il pm l'operazione era "un manifesto alla legge sul reato di clandestinità"

Perquisirono stranieri: vigili urbani a processo

Meritano sette anni. Perché quel blitz con cui nel 2009 controllarono gli appartamenti di alcuni extracomunitari per motivi di sicurezza, fu violazione di domicilio, oltre che un gesto di «pura propaganda a favore della legge sul reato di clandestinità appena entrata in vigore».

A tanto ammonta, complessivamente, la richiesta di condanna nei confronti di tre vigili urbani e un assessore comunale accusati di aver perquisito senza autorizzazione le abitazioni di quattro africani residenti a Camposampiero (Padova). Nel Veneto alle prese con una percentuale crescente di richiedenti asilo e un'integrazione difficile, costellata da decreti di espulsione contro migranti senza permesso, si celebra il processo contro tre agenti, tra cui l'allora comandante della municipale, finiti alla sbarra per un sopralluogo finalizzato ad accertare la sospettata presenza di migranti irregolari nelle abitazioni.

Respinta la richiesta di archiviazione per i due agenti - a sporgere denuncia per l'accaduto era stata la Cgil, alla quale poi il tribunale ha impedito di costituirsi parte civile, come hanno fatto invece le quattro «vittime» - la Procura aveva riaperto il caso e richiesto il rinvio a giudizio. Fino ad arrivare oggi a sostenere che quelli non furono affatto controlli amministrativi e di sicurezza, come erano stati presentati, ma assimilabili a una perquisizione in piena regola, svolta «senza autorizzazione del magistrato». Meritano, dunque, per concorso di tentata violazione di domicilio e violazione di domicilio - quella negli appartamenti dove non riuscirono a entrare - da parte di pubblico ufficiale due anni a testa l'ex assessore alla Sicurezza di Camposampiero Salvatore Scirè e l'allora comandante Gianni Tosatto. Un anno e sei mesi invece gli agenti della municipale Giulio Zen e Alberto Zilio.

«È da escludere che si trattasse di semplici controlli, come sono stati camuffati poi - è la tesi del pm Maria D'Arpa - Quell'operazione è stata solo propaganda per la legge sulla clandestinità, entrata in vigore nell'agosto dello stesso anno». Ancora: «È stato dato uno schiaffo a fine propagandistico a persone che avevano come unica colpa quella di essere extracomunitari».

Secondo il magistrato, un'intervista con cui l'allora assessore annunciava la stretta sulle verifiche sugli irregolari, non era che «il manifesto programmatico della nuova giunta insediata a giugno».

Ecco l'oscuro motivo di quel blitz, ora svelato dalla procura, «sponsorizzare in modo plateale la legge sul reato di clandestinità».

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