Perseguitato fino alla morte per la lapide "repubblichina"

Un monumento in ricordo dell'eccidio di Saccol sul terreno di un ottantenne scatena i partigiani e la sinistra. L'anziano preso di mira ha avuto un infarto

Perseguitato fino alla morte per la lapide "repubblichina"

I morti degli sconfitti, quelli di serie B, non hanno mai pace. Soprattutto se credevano nella Repubblica sociale italiana, comprese donne e civili, trucidati senza processo dai partigiani.Prima si scatena la levata di scudi ideologica. Se non basta entrano in gioco burocratiche norme anti abusivismo, applicate da un vigile troppo zelante, che in questo caso coincidono, stranamente, con il politicamente corretto. Alla fine la lapide che ricordava 23 civili e militari della Rsi ammazzati dai partigiani viene tolta. E di mezzo va a finire anche l'ultra ottantenne, testimone della strage e proprietario del terreno dove era stata posta la lapide. Antonio Zanetton è morto in ospedale lo scorso mercoledì. Negli ultimi mesi si sentiva ossessionato dalle intimazioni dei vigili di rimuovere la lapide per gli sconfitti considerata abuso edilizio.«Un volgare pretesto. Prima ci hanno provato con la campagna denigratoria sui media. Poi è arrivata l'azione intimidatoria dei vigili, ma noi quella lapide la rimetteremo al suo posto» spiega a il Giornale, Elena Donazzan, assessore regionale in Veneto, presente all'inaugurazione lo scorso settembre. E aggiunge: «La burocrazia è stata usata come un'arma. Non sapevo che il proprietario del terreno fosse morto, ma per una persona anziana subire denunce e pressioni dei vigili può aver peggiorato le condizioni di salute».La storia ha inizio a Valdobbiadene (nel Trevigiano), a guerra finita, nella notte fra il 4 e 5 maggio del 1945, quando una cinquantina di prigionieri, in gran parte della X Mas, che si erano arresi, vengono passati brutalmente per le armi dai partigiani «rossi». Lo scorso settembre la sezione Piave dei paracadutisti d'Italia inaugura una lapide a Saccol grazie all'interessamento dell'ex senatore di An, Antonio Serena, e di Luciano Sonego nel mirino della sinistra, che li bolla come «pseudo storici» nostalgici. «A 100 metri da qui il 5 maggio 1945 partigiani della Mazzini rinchiusero in una galleria fatta poi esplodere 23 civili e militari R.S.I. - In loro memoria i familiari posero - 2015» era inciso sul marmo. Prima della cerimonia si alzano gli scudi antifascisti dei partigiani dell'Anpi e della Cgil di Treviso. La senatrice Pd, Laura Puppato, emette un comunicato-sentenza: «No a raduni fascisti! (...) è un pretesto per rivisitare la storia».All'inaugurazione è presente Donazzan e pure l'assessore di Valdobbiadene, Tommaso Razzolini, anche se il Comune non concede il patrocinio. Antonio Zanetton, classe 1930, che ospita sul suo terreno la lapide, è un testimone della strage. La storia sembra essere finita, ma in ottobre un vigile troppo zelante del Comune bussa alla porta di Zanetton con un verbale di abuso edilizio. La colpa è l'«installazione di una lapide in pietra (...) in zona sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico». Il sindaco, Luciano Fragonese, scende in campo e ribadisce: «Non strumentalizzate la vicenda. Davanti ad un abuso i vigili non possono far finta di non vedere».L'assessore regionale Donazzan tuona con il Giornale: «Il presunto abuso è un grimaldello burocratico che nasconde una stortura ideologica». L'ex senatore Serena sostiene che «sono state messe delle lapidi dei partigiani senza permessi particolari. Il Comune con la presenza dava il via libera e all'inaugurazione di Soccol c'era un assessore. Poi si è messo di mezzo il vigile troppo zelante». Personaggio che ne ha già combinate parecchie per motivi non ideologici e alla fine è stato rimosso. «Prima però l'anziano proprietario ha subito un vero e proprio stalking. Era ossessionato da questa storia. Per questo faremo un esposto in procura» spiega Serena. Il Comune intima di pagare una sanzione di 2.000 euro per farla finita, ma gli organizzatori vogliono andare davanti ad un giudice. «Ogni volta che arrivavano i vigili Zanetton mi chiamava palesando il suo disagio. Preoccupazione continua, il riposo notturno oramai un dormiveglia e la sua famiglia accusava il colpo di queste denunce dal sapore intimidatorio» racconta Sonego, uno degli organizzatori del ricordo.

Zanetton, impaurito e cardiopatico, vuole disfarsi della grana, ma in gennaio finisce in ospedale. Il poveretto muore mercoledì scorso, il giorno dell'ultimatum del Comune, che ha portato alla rimozione della lapide «abusiva». In una maniera o nell'altra missione compiuta: Nessun ricordo per i morti degli sconfitti.

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