Il padre sgrida il figlio che non studia? Condannato per maltrattamenti. Per il Tribunale di Rimini commette reato il genitore che, stanco di veder macerarsi nell'ozio improduttivo il proprio pargolo, anche se cresciutello, lo rimproveri, magari soltanto alzando la voce. «È violenza psicologica», hanno sentenziato i giudici, infliggendo un anno e quattro mesi di carcere (ma sospendendo la pena, bontà loro) a un pescatore di 55 anni. L'uomo, padre di altre due figlie e da qualche tempo separato dalla moglie, era stato portato alla sbarra dal rampollo. Che stanco di subire richiami, lo aveva denunciato per maltrattamenti, insieme alle sorelle ed alla madre. Probabilmente pure loro stufe pure d'un genitore e marito severo, indispettito dai flop scolastici dell'erede maschio, bocciato tre volte.
«Giocava esclusivamente ai videogiochi, la mattina non si alzava dal letto. Una volta, lo ammetto, gli ho distrutto il computer, ma la madre gliel'ha ricomprato il giorno dopo», s'è difeso in aula per giustificare il continuo ricorso al rimbrotto prima di confessare l'indicibile colpa, quasi incredulo d'essere diventato imputato in un processo: «È vero, signor giudice, ho alzato la voce contro di lui, ma mai un dito. Non l'ho mai picchiato». Non è bastato. E non è servito ricordare che in casi simili ben altro – e più trucido - era stato il comportamento dei padri afflitti dalla fannullonite dei rispettivi discendenti.
Giuseppe Paolini, ad esempio, pensionato di origini campane, due anni fa il figlio nullafacente lo aveva decapitato. «Finalmente me ne sono liberato: veniva qui solo per mangiare e dormire», confidò sollevato ai Carabinieri che l'ammanettavano nella sua abitazione di Sant'Alberto, nel Ravennate. E quasi come lui, nel giugno del 2014, un imprenditore di Correggio. Che il suo fanciullo ventiquattrenne affetto da allergia alla fatica aveva provato a sbatterlo fuori di casa con un coltello dall'affilata e convincente lama di 30 centimetri di lunghezza. Neppure è valso a qualcosa il nuovo orientamento della Cassazione, in ambito civilistico sempre più inflessibile nei confronti della prole iscritta alle categorie dei disoccupati cronici, degli studenti svogliati e dei teenager attempati. «I figli devono assumersi la completa responsabilità della propria esistenza», hanno stabilito gli ermellini in diverse pronunce. Ma il Tribunale riminese ha scelto di non trasferire in campo penale il principio, all'evidenza ritenendo che sotto nessun profilo, non educativo men che meno giuridico, possa considerarsi scriminante l'acusticamente acuminato ma fisicamente inoffensivo rimprovero verbale. Così il pescatore processato è stato condannato.
Assolto dalle contestazioni mossegli da moglie e figlie, ma punito con 16 mesi di reclusione (e una provvisionale di 5.000 euro) per aver sgridato – e dunque psicologicamente vessato - il figlio pluriripetente. Il prezzo da pagare per legge in Italia per provare ad essere padri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.