Economia e finanza

Petrolio, via all'embargo. L'Opec prende tempo: "Produzione invariata"

Da oggi lo stop al greggio russo, ma per il Cartello c'è anche l'incognita della Cina

Petrolio, via all'embargo. L'Opec prende tempo: "Produzione invariata"

Dalle navi fantasma, al petrolio mischiato, fino alle minacce diplomatiche: così la Russia risponde alle nuove restrizioni Occidentali sul suo petrolio. E allarga la guerra russo-ucraina dal gas all'oro nero, con conseguenze tutte da decifrare. Da oggi, infatti, entra in vigore l'embargo dei Paesi dell'Unione europea al petrolio russo trasportato via nave. E, al contempo, agisce il price cap a 60 dollari stabilito sempre da Ue, Paesi del G7 e Australia (a un prezzo di poco inferiore ai 63 dollari a cui viene scambiato il greggio degli Urali). Lo scopo è tagliare gli incassi della macchina da guerra di Vladimir Putin.

In questo contesto, l'Opec+ ieri ha preferito mettersi in una posizione d'attesa, lasciando invariata la produzione. Ora guarderà all'economia cinese e all'efficacia delle nuove restrizioni sul petrolio alla Russia per decidere o meno per nuovi tagli in futuro. Tutto è stato secondo le attese, dopo che l'alleanza dei 13 produttori di petrolio e il blocco guidato dalla Russia avevano già tagliato la produzione di due milioni di barili a ottobre. Allora si erano sollevate le polemiche da Stati Uniti e alleati, contro una decisione che alimentava l'inflazione. Nel comunicato al termine della riunione di ieri, però, l'organizzazione ha giustificato i tagli con la necessità di «stabilizzare i mercati petroliferi globali». Il rallentamento economico in atto ha fatto calare le quotazioni a 85 dollari per il Brent e a 79 per il Wti, entrambi lontani dai 120 dollari di giugno.

Embargo e price cap, invece, per il momento non dovrebbero causare scossoni sui prezzi. Da una parte, nell'immediato non c'è un problema di quantità: l'Europa importava dalla Russia intorno ai 2 milioni di barili di petrolio al giorno, ma a fronte di un'offerta globale da oltre cento milioni di barili può trovare un rimpiazzo. Ben diversa è la faccenda dal punto di vista politico. La misura è vissuta come un sopruso inaccettabile dai russi, al punto che il vice primo ministro, Alexander Novak, ha detto che Mosca venderà «petrolio e prodotti petroliferi ai Paesi che lavorano» con lei «sulla base delle condizioni di mercato anche se questo volesse dire che dobbiamo ridurre un po' la produzione». La Russia, inoltre, minaccia di stoppare tutte le forniture soggette a un price cap. Insomma, una ritorsione pesante potrebbe esacerbare le tensioni e alimentare la speculazione sui mercati. Secondo molti broker, poi, Mosca pensa di aggirare gli ostacoli attrezzando una flotta di 100 vecchie petroliere fantasma per depotenziare le misure punitive di Ue e G7, che puntavano a tagliare fuori la Russia da gran parte della flotta globale di petroliere: agli assicuratori, infatti, sarà proibito coprire le navi che trasportano greggio russo, a meno che non venga venduto al di sotto del tetto. Un altro escamotage, scrive il Wall Street Journal, è il trasbordo del greggio in navi più grandi mischiandolo con un olio dalle caratteristiche simili.

Un momento chiave sarà il prossimo febbraio, quando scatterà anche l'embargo in Ue dei prodotti raffinati russi: come, per esempio, i carburanti. E sarà da tenere sott'occhio l'andamento della Cina: se il colosso di Pechino dovesse superare le sue difficoltà con il Covid, la sua economia si stabilizzerebbe e farebbe crescere la domanda di petrolio. L'Opec+ è spettatore interessato: tornerà a riunirsi il 4 giugno, ma si è riservato di intervenire in qualsiasi momento se necessario. In assenza di una ripresa delle quotazioni, l'Arabia Saudita potrebbe anche dare il via libera per un nuovo taglio della produzione.

E a quel punto i prezzi decollerebbero.

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