Petrolio, banche e turismo: l'Egitto è un affare faraonico

L'Italia ha interessi pubblici e privati per miliardi di euro nel Paese nordafricano Da Eni a Edison passando per Intesa, ecco tutti i business che rischiano di saltare

Petrolio, banche e turismo: l'Egitto è un affare faraonico

Pochi giorni prima della scomparsa di Giulio Regeni al Cairo, l'Istituto nazionale per il Commercio Estero pubblicava sul proprio portale un'analisi aggiornata sui rapporti economici tra Italia ed Egitto. Nel testo si poteva leggere tra l'altro non solo che l'elezione del presidente Abdel Fattah Al Sisi «si sta riverberando positivamente sull'economia egiziana», ma anche che «il lancio di importanti megaprogetti in terra egiziana presenta nuove interessanti opportunità per le nostre imprese». Possibilità che rischiano di saltare sulle note di un «c'eravamo tanto amati».

Non è un caso che due anni fa Matteo Renzi sia stato il primo capo di governo europeo a visitare l'Egitto per incontrare Al Sisi. Così come non è una coincidenza che Roma-Cairo sia la rotta privilegiata dell'amministratore delegato dell'Eni Claudio Descalzi, di casa nella residenza privata dell'ex capo di stato maggiore dell'esercito. L'Ente italiano per gli idrocarburi è presente in Egitto con investimenti che sfiorano i 15 miliardi di dollari, estrae petrolio nelle zone occidentali del deserto sahariano e gas dal giacimento di Nooros, nel delta del Nilo. A rafforzare l'intesa energetica tra i due Paesi è arrivata la scoperta di un nuovo giacimento offshore, in una zona delle acque egiziane controllate da Eni. Quella di Zhor è davvero la madre di tutte le concessioni, con riserve pari a 850 miliardi di metri cubi di gas che potrebbero trasformare lo scenario dell'energia in Italia nei prossimi vent'anni. Le prime perforazioni sono partite a gennaio, anche in questo caso, ironia della sorte, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo del 28enne ricercatore friulano, in piena querelle tra le due diplomazie. La produzione vera e propria inizierà nell'autunno del 2018 per andare a pieno regime nel 2024. Il gas di Zhor libererà l'Italia da vincoli onerosi, consentendo di allestire una partnership con Cipro e Israele e la nascita di una sorta di hub del Mediterraneo orientale.

È l'Eni a far la parte del leone, ma le aziende italiane che operano in Egitto sono più di 130. Al Cairo c'è Edison, con investimenti per due miliardi di dollari e Intesa San Paolo, che nel 2006 ha rilevato Bank of Alexandria per 1,6 miliardi. Seguono a ruota Italcementi, Pirelli, Italgen, Danieli Techint, Gruppo Caltagirone, ma anche imprese di servizi, impiantistica, trasporti e logistica. Senza dimenticare un altro punto di forza nei rapporti: il turismo sul Mar Rosso attraverso tour operator del calibro di Alpitour e Valtur. Di recente la situazione è diventata un po' critica dopo l'attentato al volo di turisti russi di ritorno a San Pietroburgo (224 morti). Il comparto, pur in affanno, tiene botta. Il caso Regeni ha ulteriormente raffreddato la partnership e il ministro del Turismo Hisham Zaazou lo scorso febbraio ha preferito non partecipare alla Borsa internazionale del Turismo di Milano. I numeri però sono da comparto che potrebbe ancora funzionare: non siamo al triennio 2008-2010, quando gli arrivi avevano superato quota 1 milione. Oggi siamo attorno a un flusso di 280mila presenze (2015). Il 2016 potrebbe concludersi con una flessione del 35%.

Gli scambi commerciali valgono secondo l'Istat quasi 6 miliardi di euro, con una crescita annua prevista attorno al 9.8%. Proprio mercoledì scorso, durante una conferenza stampa, il ministro dell'Economia egiziano Hani Qadri Demian ha rivelato l'intenzione del suo governo di investire «almeno 100 miliardi di dollari per diventare un riferimento di crescita di tutta l'area del Mediterraneo». Demian ha illustrato alcuni punti di forza del progetto di espansione che prevede un nuovo triangolo industriale tra i porti di Safaga ed el Quseir sul Mar Rosso e la città di Qena sul Nilo, e una nuova espansione urbanistica e industriale sulla costa mediterranea a El Alamein. Al «banchetto» delle opportunità l'Italia punta di ottenere un invito su cartoncino bordato d'oro, o almeno di ottenerlo tra i primi assieme alle monarchie del Golfo (il re saudita Salman era nei giorni scorsi proprio al Cairo), per non essere presa in contropiede da Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna, a stretto colloquio con Al Sisi attraverso summit con gli ambasciatori in loco, proprio mentre l'Italia ha appena richiamato a Roma Maurizio Massari.

In ultimo, ma solo per minor flusso di denaro, Italia ed Egitto mantengono stretti rapporti in materia di ricerca, sanità e sport attraverso la firma di protocolli

che promuovono scambi, aggiornamenti professionali e condivisione di informazioni a carattere tecnologico. Saltata al momento la partita di calcio tra le due nazionali prevista allo stadio Borg El Arab nella primavera 2018.

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