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Petrolio e mani sulla Siria. Il gioco sporco della Turchia

Il governo di Ankara punta a diventare il Paese guida dell'islam sunnita. A costo di trascinare la Nato nel conflitto

Petrolio e mani sulla Siria. Il gioco sporco della Turchia

Che la Turchia faccia il gioco sporco in Siria è cosa nota. D'altronde, è in buona compagnia, ci sono tanti attori e troppi interessi divergenti sul sanguinoso palcoscenico mediorientale. Ma qual è veramente il ruolo del Paese guidato dal partito islamico di Erdogan? In parole semplici, Ankara ha principalmente un obiettivo: affermarsi come potenza regionale e come Paese guida dell'islam sunnita. Una spinta impressa da Erdogan, che dopo dodici anni di potere assoluto ha islamizzato il Paese e avviato una politica espansionista. Non è un segreto che intenda trasformare il nord della Siria, tra Aleppo e Latakia, nella 82ma provincia, giocando la carta dei fratelli turcomanni che vivono nell'area: lo hanno scritto a chiare lettere i quotidiani turchi Hurriyet e Takvim. Nessuno scandalo, anche la Siria considera il Libano una sua provincia e in passato ha agito come se lo fosse. Ma qui la partita è più grande, come sono maggiori le possibilità che il conflitto si allarghi.

E ciò farebbe gioco a Erdogan, il quale preme per un intervento militare che gli consenta di neutralizzare l'asse sciita: Iran, Siria e Hezbollah.«Questo è probabilmente l'inizio del conflitto tra la Turchia e l'Iran ha detto il politologo Edward Luttwak intervistato da AffariItaliani dopo l'abbattimento del jet russo -. Teheran è l'autore della strategia di Assad. Per l'Iran, il presidente della Siria è essenziale, esattamente come lo sono gli Hezbollah. È l'asse sciita. I russi ora entrano in Siria per appoggiare Assad e i turchi abbattono un aereo russo. Tutto questo porterà alla guerra tra la Turchia e l'Iran». Come si è arrivati a questo punto? Sono quattro anni che la Turchia cerca di rovesciare Assad e, per farlo, ha finanziato la guerriglia e i terroristi contro il regime di Damasco, ha riempito i propri aeroporti di foreign fighters per farli passare in Siria e ha bombardato i curdi, nemici dell'Isis, invece che lo Stato Islamico. Non basta.

Ha acquistato nel Califfato petrolio di contrabbando a 15-20 dollari al barile e poi lo ha rivenduto al doppio del prezzo. Ma Assad è ancora al potere, grazie all'asse sciita, ma soprattutto grazie all'intervento russo che ha frustrato i sogni imperiali di Erdogan. Il presidente turco non ha nascosto il motivo dell'abbattimento dell'aereo russo: abbiamo agito così per difendere la nostra sicurezza e «i diritti dei nostri fratelli» in Siria. Di quali fratelli parla? Dei turcomanni sicuramente, ma anche delle organizzazioni terroristiche sostenute da Ankara, molte delle quali hanno giurato fedeltà allo Stato islamico. Nel vertice di Vienna di fine ottobre, la Russia ha chiesto all'asse sunnita, Turchia, Arabia Saudita e Qatar, di stilare una lista di oppositori moderati da portare al tavolo delle trattative per il dopo Assad. Naturalmente Erdogan e compagnia hanno escluso i loro protetti dalla lista dei terroristi, non legittimati perciò ai colloqui. Ma Putin non ha intenzione di lasciar smembrare la Siria, un Paese amico, su cui Mosca può contare per le sue basi militari nel Mediterraneo. La Turchia ora sembra cercare un casus belli, coinvolgendo pure la Nato, come denunciava un anno fa il generale tedesco Harald Kujat. Ex capo di stato maggiore e membro della Commissione militare Nato, Kujat ha accusato Ankara di puntare all'intervento dell'Alleanza, invocando la clausola di mutua assistenza, per i suoi loschi interessi. «La Turchia vuol trascinare la Nato in questa situazione perché lo scopo reale è abbattere Assad ha detto Kujat ad Ard-Tv -. Le azioni dell'Isis e quel che accade ai curdi sono secondarie. Deve essere chiaro che un alleato che si comporta così non merita la protezione dell'Alleanza». Parole che Luttwak ha ribadito due giorni fa. «La Turchia ha tradito la Nato negli ultimi tre anni, quando si è rifiutata di cooperare e ha permesso allo Stato Islamico di diventare forte comprando il petrolio. Ankara ha reso lo Stato Islamico potente e mentre gli americani armano i curdi, che combattono l'Isis, i turchi li bombardano.

È peggio avere la Turchia alleata della Nato che nemica».

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