Pfizer, cade il segreto sui messaggi di Ursula

La corte Ue revoca il divieto di accesso agli sms tra presidente e azienda sui vaccini. "Chiariremo"

Pfizer, cade il segreto sui messaggi di Ursula
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Dal Tribunale europeo arriva una decisione che infligge un colpo pesante alla leadership di Ursula von der Leyen, al suo secondo mandato, su uno dei capitoli più delicati dell'era Covid, il cosiddetto Pfizergate. La presidente della Commissione esce fortemente indebolita dalla pronuncia dei giudici della Corte europea, che hanno dato ragione al New York Times, accogliendo il ricorso di una sua giornalista contro la scelta di von der Leyen di non mostrare i messaggi scambiati con l'ex Ceo di Pfizer, Albert Bourla, nell'ambito dell'acquisto di oltre un milione i dosi di vaccino. Un passo indietro. È il 2021, siamo nel pieno dell'emergenza pandemica e delle trattative con le aziende farmaceutiche per dare copertura vaccinale ai 27 Paesi Ue. È Ursula von der Leyen a negoziare personalmente un'intesa con l'ad di Pfizer. Ed è il Nyt a svelare le modalità di quella contrattazione, tramite messaggistica privata. Che il quotidiano chiede alla Commissione di fornire, in base alle norme sulla trasparenza. La Commissione invece risponde picche, sostenendo genericamente di aver cercato quegli sms senza successo. Il quotidiano a quel punto ingaggia un braccio di ferro e denuncia l'esecutivo europeo alla Corte. I giudici ora hanno confermato che la Commissione ha agito fuori dalle regole. Che le risposte fornite ai cronisti per negare quei documenti «si basano o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise». Al contrario, per la Corte il New York Times aveva presentato «elementi pertinenti e concordanti che descrivono l'esistenza degli scambi», superando «la presunzione di inesistenza e di non possesso dei documenti richiesti». Per i giudici dunque la Commissione «non ha fornito spiegazioni plausibili per giustificare il non possesso dei documenti richiesti. Non può limitarsi ad affermare di non essere in possesso dei documenti, ma deve fornire spiegazioni credibili sul perché tali documenti siano irreperibili». Bruxelles, invece, non ha mai chiarito se quei messaggi siano stati cancellati. Neanche ieri, quando, parlando con la stampa, la portavoce Paula Pinho ha ribadito che «non è stato possibile identificare documenti che rientrino nell'ambito di quella richiesta». E ha fatto intendere che poco cambierà, dopo la pronuncia dei giudici. Precisando di non aver «mai parlato» di messaggi eliminati. Per il Nyt è comunque «una vittoria per la trasparenza che lancia un messaggio forte: le comunicazioni effimere non sono al di fuori del controllo pubblico. Il Tribunale ha riconosciuto la cattiva gestione di questa richiesta da parte della Commissione e ha chiarito che i funzionari hanno l'obbligo di trattare i messaggi di testo come qualsiasi altro documento. Abbiamo intentato questa causa perché i cittadini meritano di capire come vengono spesi i soldi dei contribuenti». Ora i cronisti potranno fare una nuova richiesta di accesso agli atti. Difficile pensare che quei messaggi spuntino all'improvviso, ma la Commissione questa volta dovrà motivare approfonditamente il diniego. Resta così una parentesi di opacità in una fase, va detto, difficilissima per l'Ue e per gli Stati, con una pandemia da combattere.

Ma è un capitolo su cui si sono accesi anche i fari della Procura europea, nell'ottobre del 2022, con un'indagine sull'acquisto di quella partita di vaccini.

Comunque un brutto colpo per la presidente, nota per il suo decisionismo e i suoi metodi non troppo collegiali. «È caduto lo scandaloso velo di mistero che per quattro anni ha tenuto segrete quelle conversazioni - commenta la Lega - ora l'Ue torni una casa di vetro».

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