"Più delitti con più pistole? No, è una falsità"

L'esperto smonta i pregiudizi: «Ottenere la licenza resta difficile e scoraggia l'uso improprio»

"Più delitti con più pistole? No, è una falsità"

«Dei dati Censis sulla sicurezza si possono dare due letture. Una è la più semplice, l'altra la più vera». È Ruggero Pettinelli a parlare. Giornalista di Armi e Tiro, e uno dei massimi esperti italiani di armi, apprezzato per la sua oggettività lontana da ogni pregiudizio, nemico delle semplificazioni ideologiche.

Ci dica la lettura più semplice.

«Dire che gli italiani si vogliono armare. Magari è anche vero ma è inutile. Perché se poi il legislatore non rende più facile ottenere le licenze la cosa finisce lì».

E allora?

«E allora c'è la seconda lettura, che parte da un altro dato. Nel 2016 il Viminale ha contato oltre 1,3 milioni di licenze rilasciate, con un aumento sensibile rispetto all'anno scorso. Più aumentano le armi più diminuiscono i reati. E questo smentisce il sillogismo tradizionale per cui più armi uguale più delitti».

Forse anche grazie al fatto che noi italiani non abbiamo l'animus da giustizieri...

«Certo, ci salva in questo il sacro rispetto per la vita e il senso di solidarietà che hanno sempre ispirato la nostra vita familiare e che non vengono messi in discussione da alcuna emergenza vera o presunta. Però non è solo questo».

E il punto qual è?

«Il punto è che anche il porto d'armi meno difficile da ottenere, quello per tiro sportivo, che è ben diverso da quello per difesa personale perché non consente di portare l'arma carica con sé, è talmente complicato per requisiti e burocrazia che nessuno ha voglia di fare una sciocchezza con l'arma e perdere il diritto ad averla».

Quali e quanti sono i porti d'arma in Italia?

«Quello più difficile è quello per difesa personale. Può averlo solo chi ha una reale esigenza di sicurezza: persone minacciate, gioiellieri, chi trasporta denaro. Gli altri sono quelli per uso sportivo e per caccia. Tutti richiedono di essere incensurati, l'idoneità al maneggio e visite psicoattitudinali. A parte il primo, gli altri consentono il trasporto dell'arma solo scarica, in valigetta e separatamente dalle munizioni».

Un sistema molto garantista.

«Già. Pensi che se uno ha compiuto determinati reati anche in caso di riabilitazione non può più detenere un'arma. Neanche se, ed è successo, ha soltanto rubato un pollo».

Quindi il meccanismo alla fine funziona...

«Ma sì, e infatti nessuna forza politica, nemmeno la Lega di Salvini, ha mai proposto di rendere più facile l'ottenimento delle licenze di detenere un'arma. Il problema è chiaramente un altro».

E qual è?

«Il problema non è dare le armi a tutti ma rendere più lievi le pene per chi le usa per la legittima difesa. Siamo fermi a una normativa del codice Rocco del 1930 che è stata solo ritoccata nel 2006.

Sarebbe ora di rimettervi mano. Non è possibile che chi difende la vita propria e dei propri cari rischi un'odissea giudiziaria, di rovinarsi per pagare gli avvocati e perda il sonno per sei anni. È accaduto e accade tuttora».

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