Agivano per avere visibilità e, di conseguenza, per avere più donazioni. È questo ciò che emerge dalle carte dell'inchiesta su nave Iuventa, che vede coinvolte anche le Ong Save the Children e Medici senza frontiere, che operavano sulla Von Hestia e sulla Vos Prudence. Le indagini, condotte dallo Sco della Polizia e dalla Squadra mobile di Trapani con il Nucleo speciale di intervento del Comando generale delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, su indicazione della Procura di Trapani, che dal 2016 lavorano assiduamente, hanno portato a 200mila intercettazioni. Da cui emerge che gli indagati hanno evidenziato un certo spessore criminale, preordinando artatamente scenari organizzativi complessi, anche di rilievo internazionale. L'accusa è quella di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, ma anche di falso. I 24 soggetti, tra comandanti delle navi del soccorso, operatori di bordo, volontari, rappresentanti della società armatrice, soccorrevano in mare i clandestini, dopo contatti, attraverso i canali WhatsApp, Facebook, ma anche tramite email, con gli scafisti o i trafficanti di esseri umani, i quali comunicavano loro orari di partenza e coordinate dei barconi. La nave delle Ong arrivava sul luogo concordato e, quindi, dal barcone partiva la richiesta di soccorso. La Guardia costiera è in qualche modo parte lesa, visto che la normativa internazionale obbliga a inviare soccorsi ai naufraghi, che poi naufraghi non erano, visto che le imbarcazioni cariche di migranti non erano sempre in pericolo di imminente affondamento. La nave più vicina a quel punto era quella della Ong, che caricava gli immigrati e li portava in Italia. Le autorità italiane, insomma, venivano ingannate.
Peraltro, ogni singolo natante delle Ong era certificato per altri scopi e non certo per il soccorso. Vos Hestia e Vos Prudence potevano portare 60 e 40 persone a bordo al massimo, ma spesso ne trasportavano centinaia. Ecco il perché delle indagini delle Capitanerie di porto, che hanno portato ad individuare anche ulteriori diversi gravi reati. Gli stessi che hanno portato al sequestro della Iuventa, confermato in Cassazione.
Le navi, pur essendo a conoscenza in anticipo della partenza dei barconi grazie ai contatti con gli scafisti, non comunicavano la circostanza alle autorità competenti. Fatto che costituisce reato.
Peraltro, si apprende che in più di un'occasione le navi delle Ong hanno trainato i barconi dei migranti dalle acque Sar libiche fino a quelle internazionali.
Di più: il personale di bordo, una volta in Italia, compilava verbali e documenti falsando la verità. Ma la cosa più grave è che il comportamento degli indagati ha portato al guadagno di ingenti somme di denaro anche per i trafficanti di esseri umani, che come è noto riutilizzano i soldi per fini terroristici o criminali.
«L'accordo tra scafisti e Ong - spiega l'avvocato Valter Biscotti, che segue le associazioni, anche di lampedusani, che si costituiranno parte civile a un eventuale processo - è il cuore di questo procedimento con l'inevitabile
conseguenza dell'imputabilità anche delle Ong come persone giuridiche. La cosa ancora più grave e che la loro attività illecita, così come configurata, è proiettata anche verso una visibilità mediatica per attrarre finanziamenti».
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