"Più vulnerabili, troppi tagli". Lo ammette anche la Difesa

Il "Libro bianco" lancia l'allarme, ma Renzi continua a ridurre il budget delle Forze armate

"Più vulnerabili, troppi tagli". Lo ammette anche la Difesa

Tre attentati in un solo giorno, di cui due alle porte dell'Italia. Abbiamo il terrore in casa, ma non ce ne accorgiamo. Anzi, il governo riduce la nostra capacità di reazione all'offensiva dell'Isis. È la cruda realtà. Lo ha ammesso anche il ministro Roberta Pinotti nel Libro bianco sulla Difesa reso pubblico nell'aprile scorso e lo ha ribadito nel Documento programmatico pluriennale (Dpp) per il prossimo triennio. Siamo impreparati ad affrontare le sfide globali che stanno di fronte all'Occidente. L'Italia, infatti, spende poco (e male) per le forze armate: «Protratta nel tempo - scrivono gli esperti della Pinotti - tale tendenza diminuirà la capacità di prevenzione e deterrenza, aumenterà il livello di possibili rischi e minacce alla sicurezza e comprometterà le capacità complessive di difesa sia degli interessi vitali e strategici, sia dei valori fondanti delle nostre strutture democratiche».

La constatazione del ministero è grave, e dovrebbe far scattare l'allarme. Se andremo avanti a ridurre gli investimenti, il rischio cui corriamo colpevolmente incontro è quello di ritrovarci senza forze armate che sia in grado di difenderci. Ma del monito lanciato dagli addetti ai lavori nel Libro bianco il premier Matteo Renzi però non ha tenuto conto. Anzi, di fronte al pericolo ha fatto spallucce. A maggio, infatti, il ministro Pinotti ha trasmesso alle Camere le previsioni di spesa per la Difesa nel triennio 2015-2017. Nonostante i pericoli impellenti, e gli sforzi già fatti negli ultimi anni, il governo ha deciso di ridurre ancora i fondi all'esercito. E non di poco. Basta guardare i numeri: nel 2015 lo stanziamento complessivo sarà inferiore ai 20 miliardi, con una riduzione rispetto al 2014 del 4,6%. Senza contare che negli anni a venire andrà anche peggio: oltre ai 941 milioni in meno di quest'anno, infatti, da qui al 2017 la Difesa dovrà modernizzarsi, riorganizzarsi e rendersi più efficiente facendo a meno di ulteriori 523 milioni. In totale fanno quasi 1,5 miliardi di tagli in tre anni.

Durante la crisi economica, in molti hanno dovuto tirare la cinghia. Ovvio. Ma nella premessa al Dpp il ministero avverte: «Si rileva come tale sforzo di rimodulazione e adattamento non possa essere rinnovato in futuro». Il motivo è semplice: i pericoli aumentano, l'Isis si avvicina, e noi non possiamo pensare di trastullarci con l'idea che le guerre saranno per sempre qualcosa che ci lambisce appena.

Dal 2004 ad oggi l'Italia ha portato le spese militari dal 2% del Pil, all'attuale 1,1% che nei prossimi anni scenderà sotto l'1%. Nella «funzione difesa» poi, ovvero quella parte di spesa investita in settori vitali per la protezione da attacchi esterni, dal 2010 ad oggi la riduzione degli stanziamenti previsti è stata del 14,8% e nel 2017 arriverà a 20,3%. Questo nonostante la Nato abbia sollecitato più volte gli Stati a mantenere il limite minimo di spesa pari al 2% del Pil.

Il terrorismo islamico è capace di colpire.

Renzi dovrebbe saperlo, eppure decide di tagliare i fondi alla difesa. Ma l'allarme lanciato nel Libro bianco non lascia spazio ad interpretazioni: rischiamo di perdere i «valori fondanti delle nostre strutture democratiche». Valori incompatibili con qualunque califfato.

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