Cronache

Il piano per riportare gli statali in ufficio. Ira dei 5 Stelle: "Così si torna al Medioevo"

Anche i sindacati chiedono chiarimenti. Si media sulle delocalizzazioni

Il piano per riportare gli statali in ufficio. Ira dei 5 Stelle: "Così si torna al Medioevo"

Non c'è alcun «se». L'estensione imminente del green pass è una certezza, annuncia in conferenza stampa il premier Mario Draghi: «La cabina di regia ci sarà. Dobbiamo decidere con il ministro Speranza l'estensione del green pass. A chi e quanto velocemente, non se». Le frizioni con la Lega non fermano le intenzioni del governo di ampliare l'obbligo del certificato verde. Il confronto politico dovrà trovare una sintesi sulle categorie alle quali estenderlo, in primis quella dei dipendenti pubblici, per cui premono Speranza e il ministro della Pa Renato Brunetta, anche per accelerare il ritorno in presenza dei lavoratori negli uffici. Brunetta mira a riportare la «normalità» prima della fine dello stato di emergenza il 31 dicembre. L'obbligo potrebbe essere inserito subito nel decreto sul green pass ora in commissione Affari Sociali alla Camera, mentre per il privato resta un'incognita visto il muro dei sindacati. «Invece di decidere per lo stop dello smart working, il ministro Brunetta dovrebbe pensare a fare quello per cui è stato chiamato al governo, ossia il ministro della Pubblica Amministrazione. Non si torni al medioevo per vendere qualche caffè o capo di abbigliamento in più», avverte Federica Dieni, deputata M5s e membro della commissione Affari costituzionali.

Ma ci sono «molte altre cose di cui parleremo» con i ministri, ha detto Draghi. Sono gli altri fronti caldi che attendono Palazzo Chigi: «C'è un cronoprogramma: leggi delega su concorrenza e fisco, poi politiche attive del lavoro e riforma degli ammortizzatori sociali. Quindi pensioni e quota 100». Ieri i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno scritto al premier per chiedere un incontro urgente sulle stesse questioni, oltre che sul Pnrr.

Interventi e riforme dovranno comunque misurarsi con la capacità di sintesi del premier in una maggioranza scossa da divisioni. Le stesse che hanno frenato nelle ultime settimane il decreto delocalizzazioni del ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) e del vice ministro allo sviluppo economico Alessandra Todde (M5s) contro i «licenziamenti selvaggi». Sul decreto, contro cui si era scagliato anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi per la sua «logica punitiva», la mediazione è in corso, conferma Draghi: «Non avremo tanto tempo prima di uscire con una norma condivisa dal governo e che sarà condivisa con Confindustria e le altre parti sociali». Lo scontro si è consumato sull'impianto sanzionatorio previsto nelle varie bozze, che volevano multe e black list per le aziende che non rispettano le regole. Ora si punta invece a rafforzare la tutela occupazionale e la ricollocazione di chi perde il posto. Lo stesso terreno su cui si lavora per modificare il reddito di cittadinanza. Una delle ipotesi è affidarsi ad agenzie di reclutamento private.

E soprattutto rendere concreto per i beneficiari il divieto di rifiutare più di tre offerte di lavoro.

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