Coronavirus

Il piano Rsa sicure: visite dei parenti a turno e test sul personale

Ora le strutture impostano la fase 2 da sole. Il governo a marzo ha aperto ai letti Covid

Il piano Rsa sicure: visite dei parenti a turno e test sul personale

Mai più, non deve accadere mai più. È il mantra che gli operatori sanitari delle Rsa continuano a ripetersi dopo la scia infinita di morti di Covid tra i loro ospiti. Un'indagine epidemiologica del Ministero della salute rileva che il 44% dei contagi di Covid è avvenuto all'interno delle case di riposo. Anche alla luce di questi dati direttori stanno pensando a come impostare la ripresa di maggio.

Sfida numero uno: la gestione delle visite dei parenti. «È una voce fondamentale - spiega il presidente della società di geriatria e gerontologia Raffaele Antonelli Incalzi - Nelle residenze ci sono ospiti che non vedono le loro famiglie da settimane. Noi abbiamo cercato di garantire i contatti con videochiamate e televisite ma ora è il momento di far vivere agli anziani la loro affettività. È un loro diritto e va tutelato». Quindi le visite saranno scaglionate in giorni e orari differenziati per evitare di sovraffollare i corridoi. E a ogni visitatore verrà fornito il materiale di protezione. «Ogni residenza dovrà provvedere a distribuire mascherine, dispositivi e guanti a chi arriva da fuori, per non rischiare che la gente si presenti nelle strutture con materiali non adatti. La sicurezza va garantita con molta attenzione».

Il nodo mascherine è fondamentale: prima di poter riaprire le porte degli istituti, bisogna assicurarsi che i magazzini siano ben forniti di materiale anti contagio, calcolando che ne verrà consumato parecchio per lungo tempo. Sarebbe intollerabile restare senza. Quindi anche le strutture private e le fondazioni che gestiscono le residenze devono organizzarsi per ordinare i dispositivi di sicurezza, senza replicare l'errore commesso tra febbraio e marzo, quando molti direttori aspettavano le forniture dall'Ats senza averne diritto. Ora queste lungaggini rischieranno di mandare all'aria il piano sicurezza.

Infine, il personale deve essere certo di non essere positivo al virus per evitare di diffondere l'infezione tra i letti. Servono quindi tamponi e test su tutti gli operatori, anche là dove si è temporeggiato fino a questo momento. Insomma, le falle della prima fase, quelle che hanno innescato la bomba Covid tra gli anziani, devono essere ricucite in tutti i modi. Sia a livello operativo, sia sulla carta.

A marzo, la confusione è stata troppa. Per di più le linee guida del Ministero della Salute emanate il 25 marzo (due giorni dopo la delibera con cui la Regione Lombardia chiedeva la disponibilità di letti Covid nelle Rsa) non hanno né messo chiarezza nè, tanto meno, invertito la rotta sulla gestione letti. E il virus ha trovato le porte spalancate nelle strutture e a nulla sono serviti gli allarmi lanciati, ben prima, dalla società Geriatri: «Noi avevamo detto da subito - specifica Antonelli Incalzi - che non tutte le Rsa erano adatte a ospitare casi Covid. O per problemi di personale o per la disposizione degli spazi. È stata invece innescata una bomba biologica.

Solo le strutture che si sono mosse per tempo e hanno chiuso le porte mettendo in atto piani di sicurezza tempestivi sono riuscite a proteggere i loro anziani».

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