
Pugni alzati, bandiere di orgoglio nazionaliste sventolate al grido: "Abbasso gli Usa, abbasso Israele". La piazza iraniana, almeno stavolta, viene lasciata protestare a Teheran mentre urla "vendetta" per i raid americani, sfilando alla presenza del presidente Masoud Pezeshkian (nella foto). Il regime minaccia "conseguenze eterne" per gli attacchi americani. Spiega che l'industria nucleare, pur se danneggiata, proseguirà perché è "profondamente radicata" nel Paese e che anche gli attacchi contro Israele andranno avanti. Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, oggi a Mosca a colloquio con il presidente russo Vladimir Putin, bolla come "oltraggiosi", "illegali e criminali" i bombardamenti americani, accusando Donald Trump e Benjamin Netanyahu di "comportamento falso e ingannatorio". Anzi peggio: "Il presidente Usa è un bullo che calpesta i diritti di tutti", che ha "varcato la linea rossa" e ha tradito la fiducia, riservatagli non solo dall'Iran: "Eletto con il presupposto di porre fine al costoso coinvolgimento degli Stati Uniti in una guerra infinita, ha tradito non solo l'Iran, abusando del nostro impegno alla diplomazia, ma ha anche ingannato i suoi stessi elettori".
Rabbia e delusione sono il leitmotiv di una giornata in cui il peggiore incubo si è materializzato per Teheran, dopo che nella notte è scattato l'intervento degli Stati Uniti, al fianco di Israele, contro i principali siti nucleari iraniani. Trump lo aveva minacciato, ma Teheran ha sperato fino alla fine nel ruolo di mediazione degli Stati Uniti. Ed è rimasta delusa. "Gli Usa hanno messo a segno il più grande attacco con i bombardiere strategici subsonici B-2 e il secondo più lungo della storia americana dopo l'11 settembre", spiega il generale Dan Caine, capo dello stato maggiore congiunto Usa, mentre Teheran si lecca ancora le ferite per l'azione. E la frustrazione dell'Iran si riversa nei messaggi del regime all'attore co-protagonista dell'ultimo conflitto in Medio Oriente. Gli Stati Uniti - che le Guardie della Rivoluzione islamica chiamano "il regime criminale americano" e accusano di "follie fallite in passato" e di "incompetenza strategica" - "subiranno le conseguenze dei bombardamenti", è la promessa, dopo aver ricordato che Washington non ha imparato le lezioni delle guerre passate nella regione.
La minaccia più esplicita, in attesa della ritorsione di Teheran, è la chiusura dello Stretto di Hormuz, da cui passa circa il 20% della produzione mondiale di petrolio. Il generale dei Guardiani della Rivoluzione, Esmail Kowsari, annuncia che il Parlamento di Teheran, il Majlis, "è arrivato alla conclusione che lo Stretto di Hormuz debba essere chiuso, ma la decisione finale spetta al Consiglio supremo di sicurezza nazionale". L'azione, che preoccupa perché rischia di far schizzare i prezzi del greggio, in realtà danneggerebbe anche Teheran. "La loro intera economia passa attraverso lo Stretto - spiega il vicepresidente Usa, JD Vance - Sarebbe un'azione suicida". Da qui la cautela del ministro iraniano Araghchi, che precisa come l'Iran abbia "una varietà di opzioni disponibili".
Ali Shamkhani, il consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei, ed ex potente capo del Consiglio supremo di sicurezza nazionale, avverte che "le sorprese continueranno", dopo aver ricordato che "la partita del nucleare non è chiusa: resteranno materiale arricchito, conoscenze e volontà politica".
Ma c'è "la più rossa delle linee rosse" che non va superata, secondo "un alto funzionario" iraniano citato da Reuters. Si tratta dell'uccisione di Khamenei. Una mossa del genere "chiuderebbe la porta a ogni negoziato e innescherebbe una risposta senza limiti e senza restrizioni".