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Piazze vuote e arresti: così Pechino cancella il ricordo di Tienanmen

La Cina vieta le manifestazioni a Hong Kong. Va in carcere la leader delle veglie di protesta

Piazze vuote e arresti: così Pechino cancella il ricordo di Tienanmen

Il comunismo è morto nel 1989. Ma non in Cina. Lì il potere è ancora nelle mani della progenie politica che il 4 giugno di 32 anni fa mandò i carri armati a schiacciare la protesta di Tienanmen massacrando migliaia di dimostranti inermi. Ieri l'hanno dovuto capire anche gli abitanti di una Hong Kong prigioniera ormai della tenaglia repressiva di Pechino. Complici le leggi speciali sulla sicurezza imposte l'anno scorso e il dispiegamento di 7mila poliziotti appoggiati da blindati e cannoni ad acqua le autorità cinesi hanno impedito e bloccato qualsiasi manifestazioni in ricordo della strage del 4 giugno 1989.

Fino a quest'anno - seppur con difficoltà crescenti - Hong Kong e Macao erano state le uniche città cinesi a poter ricordare con veglie e celebrazioni a lume di candela l'anniversario di quel massacro. Ora il giro di vite, iniziato nel 2019 e intensificatosi negli ultimi 24 mesi, ha raggiunto l'obbiettivo finale cancellando di fatto le rievocazioni di Hong Kong e Macao e svuotando quella Victoria Square nel cuore commerciale di Hong Kong dove per 31 anni si erano dati appuntamento migliaia di cinesi. La prima a farne le spese è stata la 36enne avvocatessa Chow Hang Tung. Ieri mattina la numero due dell'Alleanza di Hong Kong - l'organizzazione responsabile delle veglie di Victoria Square - è stata bloccata dalla polizia sotto il suo studio e fatta salire su un'automobile dai vetri oscurati. Il suo era un arresto annunciato. «Sono già nel mirino per aver collaborato all'organizzazione del ricordo a lume di candela dello scorso anno. Se continuerò a battermi per la democrazia a Hong Kong e in Cina verranno a prendere anche me... è quasi scontato» aveva avvertito, giorni fa, la coraggiosa avvocatessa ricordando la sorte dei suoi due colleghi Lee Cheuk-yan e Albert Ho arrestati durante le commemorazioni del 2019 e mai tornati in libertà. Nelle ore successive l'arresto di Hang Tung la polizia ha sigillato Victoria Square minacciando di arrestare chiunque sostasse nella piazza. Il pugno di ferro di Pechino serve a far capire che il principio di «uno stato due sistemi» concordato con Londra e destinato in teoria a durare fino al 2047 - è stato definitivamente cancellato.

Ma l'anniversario della strage e il nuovo giro di vite di Pechino hanno finito con il riaprire un già consolidato terreno di scontro con gli Stati Uniti. Il Segretario di Stato Antony Blinken non ha mancato di garantire il sostegno dell'America ai cinesi pronti a lottare per i diritti umani aggiungendo che gli Stati Uniti rendono onore «sia al sacrificio di quanti sono stati uccisi 32 anni fa, sia al coraggio degli attivisti decisi oggi a non demordere nonostante la repressione del governo». Una dichiarazione che, com'era prevedibile, ha innescato l'immediata reazione cinese. E infatti il portavoce del ministero degli esteri di Pechino ha immediatamente denunciato le dichiarazioni del Segretario di Stato americano definendole «un'interferenza negli affari interni cinesi» invitando gli Usa «a guardarsi allo specchio e a riflettere sui propri scarsi risultati nel campo dei diritti umani».

Una tensione che si aggiunge alle accuse lanciate dall'amministrazione Biden riguardo la repressione di musulmani uiguri nella regione dello Xinjiang e al rischi di un vero e proprio scontro navale nel sud del Pacifico dove le navi di Washington continuano a sfidare i blocchi imposti dai cinesi intorno ai propri isolotti artificiali.

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