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La piccola british, il gigante yankee: due mondi in una scossa di mano

La sovrana incarna Storia e protocollo, il tycoon l'irriverenza

La piccola british, il gigante yankee: due mondi in una scossa di mano

Donald ha preso la mano di Elizabeth e l'ha scossa come si farebbe all'inizio di una sfida a braccio di ferro. Lei si aspettava, forse un inchino o un baciamano, dimentica degli usi e costumi dell'ospite abituato al give me five, dammi il cinque e come on. Dunque Elizabeth ha sorriso dinanzi al Tir che le stava di fronte e oscurava il panorama come un eclissi imprevisto a Buckingham.

Il presidente e la regina, due mondi diversi e divisi non soltanto dall'oceano ma dalla storia. La storia di due Paesi che parlano la stessa lingua, non certo nella pronuncia ma che hanno differenze mille, riassunte nella lunga cravatta blu cobalto di mister Trump, a sovrastare un corpo enorme e nel gentile soprabito color acqua marina di Elizabeth, sempre più ranicchiata in se stessa, quasi un'immagine malinconica, un pezzo degli scacchi, in contrasto con il suo effettivo ruolo di sovrana del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri Reami del Commonwealth.

Il gigante di New York è sembrato un estraneo al protocollo di casa Windsor, un turista imbucato nelle cerimonia di corte, a differenza di Melania avvolta in un robe manteau bianco, stretto alla vita da una cintura nera che le deve aver serrata anche la bocca, mai un sorriso, mai una smorfia, né di piacere, né di insofferenza, l'apatia e l'anonimato di una indossatrice in sfilata. Donald Trump deve essere passato dal barber shop, si è fatto accorciare il ciuffo, per evitare effetti da Cesare Ragazzi o gag comiche ai colpi di vento inglesi, il suo aplomb è rimasto quello del ricco cow boy che si è comprato tutta la farm, la contea e la nazione intera. La regina, tolto il cappotto leggero e i guanti di filo, si è mostrata in un abito di seta floreale, in linea con il bristish style, conservando i due fili di perle al collo e l'immancabile borsetta che le è utilissima per sapere dove tenere le sue regali mani. Suo figlio, il principe Charles, elegante come nessuno e la consorte Camilla, addobbata da sposa sulla torta nuziale, si sono occupati di Melania, mentre la regina ha portato il presidente a spasso per i locali della dimora che conta settecentosettantacinque stanze e un totale di bagni duecento quaranta, ma non per un sopralluogo alla planimetria dell'immobile bensì alle opere pittoriche, ai pezzi pregiati, libri, monili, orologi dell'argenteria, si fa per dire, di famiglia. Donald ha seguito con curiosità tutto quell'arsenale luccicante e storico di secoli mille, così lontano da lui e dagli Stati Uniti d'America, in verità ha curvato il suo quintale sulla copia del telegramma spedito da re Giorgio VI al generale Dwight Eisenhower, subito dopo il D Day, evento per il quale gli americani, insieme con il resto dei resistenti e patrioti, salvarono l'Europa dai nazisti.

Elisabetta ha evitato il passaggio all'abbazia di Westminster, dove Trump e signora hanno reso un lungo omaggio alla tomba del milite ignoto ed è poi arrivata l'ora X, nel senso delle cinque del pomeriggio, riservata alla classica e doverosa tazza di té, a Clarence House, ospiti della coppia di cui sopra, Charles and Camilla, mentre dovunque, attorno, si muovevano, silenziosi ma presentissimi, gli uomini della sicurezza, eredità di James Bond, un sistema che costa al governo inglese quaranta milioni di sterline e che graverà sui sudditi felici di servire la Patria e la corona ma non di pagare il conto allo yankee.

L'irriverente Trump ha firmato il libro degli ospiti con la propria penna stilografica e così il cerimoniale ha provveduto a regalargli un set di nuove penne Duofolf, una stilo, una roller e una a sfera con la cifratura EIIR, realizzate esclusivamente per la regina. Così, la prossima volta, eviterà un'altra gaffe. Elizabeth ha poi invitato la coppia a cena con un menù segretissimo. Non credo che Donald Trump si preoccupi di proteine e carboidrati.

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