Di Pietro chiama i ribelli Torna l'"idea Casaleggio"

Dibba pensa al simbolo Idv dell'ex pm, già alleato del guru con Travaglio: è il giustizialismo delle origini

Di Pietro chiama i ribelli Torna l'"idea Casaleggio"

In politica non si butta mai via niente, hai visto mai? Qualcosa o qualcuno torna sempre utile. È la Second Life dei politici. Prendete Tonino Di Pietro. Dall'oblio di Montenero di Bisaccia avrebbe fatto sapere di essere pronto a tornare come padre nobile dei dissidenti grillini. «Vi dò il mio simbolo», avrebbe detto ad Alessandro Di Battista, che su Facebook si schernisce: «Sono uscito dal Movimento, vivo la mia vita, non mi occupo di correnti, scissioni, nuove forze politiche», tuona Dibba, ma dopo il governo M5s-Forza Italia sappiamo quanto vale la parola di un grillino. Zero. Come le chance che hanno i dissidenti - molti di loro al secondo mandato - di farsi ricandidare, come quelle di Di Battista di guidare un Movimento che alle prossime Politiche rischia l'irrilevanza. Ma tant'è. «Dibba farà come Renzi con Italia Viva», dicono fonti grilline che si aspettano l'annuncio via social già oggi. Quando Casaleggio chiama, che sia il padre o il figlio non importa, Di Pietro risponde: presente. «Non è mai sparito», dice chi ha lavorato con la Casaleggio associati, «Di Pietro, Grillo e Casaleggio si sentivano spesso, come anche con Marco Travaglio». I due mondi sono apparentemente distanti da 10 anni, da quando improvvisamente la collaborazione tra il visionario Gianroberto e il discepolo presuntuoso Tonino si separarono. Il guru della Rete aveva già trovato in Beppe Grillo un alunno più bravo a cui affidare il suo disegno di «occupare» uno spazio politico, e basterebbe rileggere Supernova, il libro di altri due ex Casaleggio boys come Nicola Biondo e Marco Canestrari, che solo due anni fa chiarirono come il manager proveniente da Webegg (azienda del gruppo Telecom Italia) chiamato amorevolmente «Samurai» avesse usato l'Idv come test, con Di Pietro che già considerava «la Rete il futuro», lui primo politico a iscriversi a Second Life «without filters and on a world level», dice il video caricato su Youtube datato 16 luglio 2007. Poi nel 2009, quando il Movimento divenne partito politico, per Di Pietro iniziò un lungo funerale politico, il cui epitaffio viene recitato da Report, che inchiodò l'ex pm alle furberie del finanziamento pubblico, fino ad allora denunciate in beata solitudine e invano soltanto dal Giornale.

Ma i Cinque stelle sono un ologramma. Dietro c'è Casaleggio. «Il programma, come la Carta di Firenze, è scritto da Casaleggio. Il logo lo disegna un dipendente della Casaleggio, e lo approva Casaleggio. Il cosiddetto non-statuto non è frutto della collaborazione online degli attivisti, ma del lavoro di Casaleggio. Le slide che presentano il futuro portale sono di Casaleggio». Parola di Canestrari. Insomma, M5s era ed è il partito di un imprenditore, di una dinastia. Come dimostrano tutti i dossier di Palazzo Chigi finiti sulla scrivania di Casaleggio jr al tempo dei due governi Conte. E i suoi elettori sono vittime di un raggiro in piena regola. E dove potrebbero andare i grillini delusi se non da Tonino? Oggi che quella spinta movimentista sembra esaurirsi ecco che torna in gioco l'ex pm che dieci anni fa, paradossi della politica, diceva che il movimentismo non avrebbe funzionato, lui che sotto a un palco durante una manifestazione Idv ai tempi delle Europee del 1999 diceva di Grillo «quel ricciolino non capisce un ca... di politica». Lui che era un fan della famigerata foto di Vasto, con l'ammucchiata Pd-Idv-resto del mondo che oggi va di moda, torna per impedire che i buoi scappino dalla stalla. «Lui, Grillo, Casaleggio e Travaglio sono come vasi comunicanti - dice al Giornale un ex dipietrista della prima ora - fingevano di non parlarsi invece si dicevano tutto».

Soprattutto adesso, paradossi della politica, che la Tangentopoli è scoppiata dentro la magistratura, ora che un Sistema ormai sputtanatissimo che prova a lavarsi la coscienza puntando il dito contro il mariuolo Luca Palamara, al partito unico delle toghe serve un ombrello per proteggere i privilegi delle toghe da una ormai inevitabile riforma della giustizia. E così il mandato del principe Salina Di Pietro è che tutto cambi perché nulla cambi.

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