Le fabbriche chiuse. I negozi con le saracinesche abbassate. La gente a casa. L'Italia rintanata nella trincea scavata per proteggersi dal Covid-19 è un Paese che ha subìto un infarto al cuore del proprio sistema economico. Subendo danni importanti da quello che l'Istat definisce uno «choc senza precedenti», capace di lasciare alla fine dell'anno una cicatrice profonda che neppure il previsto rimbalzo nel 2022 riuscirà a cancellare. L'istituto di statistica mette infatti in conto per il 2020 una caduta del Pil pari all'8,3%, una contrazione quasi doppia rispetto al +4,6% stimato per l'anno prossimo. Una picchiata di cui sarà per buona parte responsabile il primo trimestre (-5,3%).
Sotto la sintesi del dato complessivo si nasconde il radicale cambio di abitudini degli italiani. La cinghia tirata come atto di difesa contro un futuro perlomeno incerto, ha provocato una contrazione dei consumi che a fine dicembre toccherà l'8,7%. È un Paese ancor più impoverito rispetto a quello della crescita da zero virgola, dove la mancanza di prospettive, o la rassegnazione, ha portato mezzo milione di persone a finire nei primi quattro mesi nel limbo degli «inattivi». Gente che non rientra nemmeno nelle statistiche dei disoccupati, finendo per creare effetto da lente deformata che abbassa, per quest'anno, il tasso dei senza lavoro al 9,6% contro il 10% del 2019. In realtà, è un calo che marca la gravità della situazione. Alla vulnerabilità delle famiglie si aggiunge poi quelle delle imprese, che hanno chiuso il rubinetto degli investimenti (-12,5% a fine anno) nel tentativo di far fronte alla contrazione dell'attività.
Non a caso, davanti all'Europarlamento, la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha ricordato ieri come la contrazione economica provocata dal coronavirus «potrebbe innescare diffusi default nell'economia reale, specialmente fra le famiglie e imprese che erano già troppo indebitate». Di qui l'invito rinnovato ad agire in fretta. «La proposta della Commissione Ue per una revisione del budget pluriennale e il Recovery Fund sono decisivi. Qualsiasi ritardo rischia di generare effetti negativi e far salire i costi di questa crisi». La leader dell'istituto di Francoforte ha quindi ribadito come il Pepp, il programma di acquisto titoli per l'emergenza pandemica, sia «lo strumento più adeguato nel nostro arsenale per rafforzare l'impulso di politica monetaria». L'Italia è tra i Paesi che hanno più beneficiato del Pepp: nei primi due mesi gli acquisti del nostro debito sovrano sono stati superiori al 30% del totale malgrado il 17% posseduto dal nostro Paese nel capitale della Bce. «La capital key - ha spiegato la Lagarde - non deve essere applicata ogni volta, possono esserci deviazioni».
Resta da vedere in che misura le riaperture disposte dal 4 maggio scorso aiuteranno la risalita. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha sottolineato ieri come l'Italia non sia ancora entrata nella fase post-pandemia, ma ha aggiunto che «cerchiamo di vedere una luce in fondo al tunnel. I dati dell'Istat confermano le previsioni del Governo e indicano la possibilità concreta di una ripresa già nel terzo trimestre. E già da questo mese colgono alcuni segnali di ripartenza».
Uno dei pilastri su cui si potrà contare per la ripartenza è il patto per l'export, firmato ieri, che vale 1,4 miliardi e servirà a rafforzare gli strumenti per l'internazionalizzazione delle imprese e per promuove il
Made in Italy con un'azione ad ampio respiro. «Abbiamo superato il periodo più buio di questa crisi sanitaria - ha detto il ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio - : ora il Paese può ripartire, con cautela ma con coraggio».
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