
Bankitalia conferma le stime di crescita per l'Italia, ma lo scenario economico resta fragile. Nelle ultime Proiezioni macroeconomiche l'istituto centrale ribadisce le previsioni pubblicate ad aprile: il Pil salirà dello 0,6% nel 2025, dello 0,8% nel 2026 e dello 0,7% nel 2027. Una traiettoria debole, sostenuta soprattutto dai consumi interni, in un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche e da scambi commerciali internazionali in rallentamento.
Nel mirino di Via Nazionale ci sono soprattutto i dazi annunciati dagli Stati Uniti, che «presuppongono un aumento al 10% sui prodotti europei». Un'ipotesi che, unita all'incertezza sui mercati e alla frenata degli scambi, rischia di costare mezzo punto di Pil tra il 2025 e il 2027. In caso di un'escalation tariffaria ai livelli minacciati da Donald Trump lo scorso 2 aprile, l'impatto si aggraverebbe. «Lo scenario di base si ridurrebbe di altri due decimi di punto nel 2025 e di mezzo punto all'anno nel 2026 e 2027», si legge.
I segnali d'allarme, intanto, sono già visibili. Secondo i dati Istat, ad aprile l'export verso i Paesi extra Ue ha subito un brusco calo del 7%, trascinando con sé le esportazioni complessive (-2,8% su base mensile). Gli scambi con gli Usa si sono ridotti dell'1,9% rispetto a un anno prima, ma il calo più netto ha riguardato Regno Unito (-18,8%), Turchia (-18,2%) e Paesi Bassi (-8,7%). A pesare è in particolare la contrazione della vendita di mezzi di trasporto, con l'eccezione degli autoveicoli. L'unico comparto in controtendenza è quello farmaceutico, che registra un +30,1%.
Nel breve periodo, la crescita italiana appare anemica. «Nel trimestre in corso e in quello estivo, il Pil aumenterà solo marginalmente», osserva Bankitalia. Una ripresa più solida è attesa dalla seconda metà del 2025, trainata dai consumi delle famiglie, favoriti dalla discesa dei tassi d'interesse e dal recupero del potere d'acquisto. Meno brillante, invece, il quadro degli investimenti, penalizzati dalla fine degli incentivi edilizi e dal clima di incertezza, anche se supportati dai fondi del Pnrr e da un graduale calo del costo del credito.
Dal 2026 le esportazioni torneranno a crescere, ma con meno slancio rispetto alla domanda globale, anche per effetto dell'apprezzamento dell'euro, che erode la competitività delle imprese italiane.
L'occupazione continuerà a salire, anche se a ritmi inferiori rispetto al Pil: il risultato dovrebbe essere un modesto aumento della produttività e una disoccupazione in calo, fino al 6% nel 2027. Quanto all'inflazione, le prospettive restano stabili: si attesterà all'1,5% in media nel 2025 e nel 2026.