Pil, Italia a un passo dal target dell'1%

Nel secondo trimestre prodotto interno a +0,9%, meglio dell'Eurozona. Crollo tedesco

Pil, Italia a un passo dal target dell'1%
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E da adesso, l'imperativo è evitare la sindrome da Dorando Petri, quel cadere a un passo dal traguardo, senza forze per rialzarsi da soli. Dopo la crescita tendenziale del Pil dello 0,9% nel secondo trimestre (+0,2% rispetto a gennaio-marzo, periodo con due giorni lavorativi in più), l'Italia mette a segno la quarta fase consecutiva di espansione ed è a un passo dall'obiettivo governativo di fine anno dell'1%. Così, può guardare dall'alto in basso non solo la media Ue (+0,6%), ma soprattutto una Germania ancora incapace di eliminare le scorie tossiche della recessione (-0,1%). Alle prese con la pagliuzza ordoliberista dello Schwarze Null (il pareggio di bilancio) che impedisce di far leva sugli investimenti, Berlino non sembra curarsi della trave, fatta di consumi stagnanti, ordini all'industria scarsi e fiducia delle imprese sotto i tacchi. Lo spostamento a destra dell'elettorato tedesco è anche figlio di questi disastri economici.

Seppure con i pochi margini di manovra a disposizione sui conti pubblici, Roma sembra invece in grado di poter far meglio.

Ma proprio perché l'ultimo miglio è spesso il più insidioso, il governo presieduto da Giorgia Meloni sa bene come i prossimi mesi saranno decisivi per la tenuta delle finanze pubbliche. Centrare un'espansione pari a un punto percentuale significherebbe poter disporre di un tesoretto garantito dal maggior gettito fiscale, scongiurando così il pericolo di dover varare una manovra correttiva che i mercati interpreterebbero probabilmente come un segnale di fragilità. Un sintomo di debolezza che potrebbe ripercuotersi sullo spread Btp-Bund proprio nel momento in cui l'entrata in vigore delle nuove regole del Patto di stabilità, incardinate sempre sul format dell'austerity, costringerà l'Italia a reperire fino a 15 miliardi di euro l'anno per rimettere in bolla disavanzo e indebitamento.

Posto che alcuni Paesi dell'Eurozona sono più dinamici rispetto al nostro (+0,3% congiunturale in Francia, +0,8% la Spagna), resta da capire quale sarà la traiettoria del nostro Pil fra il terzo e il quarto trimestre. Tenendo presente che l'incerta traiettoria dei tassi da parte della Bce rischia di impattare sia sulla crescita, sia sul risanamento dei conti pubblici, posto che è ormai sfumato il risparmio di circa tre miliardi sulla spesa per interessi che sarebbe derivato da un taglio di costo del denaro di 100 punti entro fine dicembre.

E tenendo inoltre presente che il dato disaggregato sulla crescita di aprile-giugno è già ora una perfetta cartina di tornasole di un'Italia a macchia di leopardo. Dove c'è chi produce ricchezza, cioè il terziario, grazie anche alla tenuta dei consumi privati malgrado la perdita di potere d'acquisto dovuta all'inflazione. E chi continua a stentare: come l'agricoltura e la pesca, soprattutto ora che la torrida stagione estiva non lascia ben sperare per la restante parte dell'anno; o come l'industria, in particolare il settore automotive che soffre la crisi produttiva del sito di Mirafiori.

Non a caso, proprio per sopperire ai buchi lasciati da Stellantis, il recente viaggio in Cina della premier è servito per gettare le basi per la possibile apertura di un hub elettrico in Italia da parte di uno dei marchi automobilistici del Dragone.

Una nuova via della Seta per dare impulso al nostro Pil e rendere meno allarmante il probabile ritorno di Trump alla Casa con tutto il suo armamentario di protezionismi ai danni dell'Europa. Con il Make America Great Again di The Donald, per nulla decoubertiano, un solo concorrente deve arrivare in piedi al traguardo. Ma noi, con Dorando Petri, abbiamo già dato.

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