Ma chi diavolo è?, qualcuno continua a chiedersi. Anche ora che il suo nome troneggia sui titoli di tutti i giornali e lui rischia di passare alle cronache come l'uomo della mitraglietta. Lo spin doctor che, nel giorno di Pasqua, ha postato sui social network una foto di Matteo Salvini mentre imbraccia un'arma da fuoco. Immagine che ha scatenato una guerriglia di commenti e critiche, tanto che è pure nato l'hashtag: #licenzialucamorisi. Consiglio che il ministro dell'Interno (giustamente) si guarda bene dall'accettare. Anche perché Salvini senza Morisi, probabilmente non sarebbe quello che è oggi. Luca Morisi non è solo il suo social media manager, ma ne è la vera e propria interfaccia elettronica, l'uomo che ha dato al leader la tridimensionalità della comunicazione web e che, con un'importante opera di maquillage, ha trasformato il partito più vecchio e tradizionale del Parlamento italiano nel movimento più giovane e agile dal punto di vista mediatico.
Morisi, classe 1973 come Salvini, mantovano di nascita e laureato a pieni voti in filosofia, si avvicina al leader del Carroccio nel 2012. Pacato e schivo, resta sempre un passo indietro rispetto al suo leader, ma è un passo avanti rispetto ai suoi rivali e, soprattutto, è il vero stratega del successo elettorale della Lega. Grazie a lui Salvini diventa il politico con più seguaci in tutta Europa. È Morisi a inventare «la bestia» il sistema che gestisce tutte le attività social del ministro dell'Interno, ed è lui a convincerlo che per portare la Lega al governo non basta presidiare televisioni, radio e piazze, ma è anche necessario colonizzare quella che allora, da molti, era considerata poco più di un giocattolo: la rete. Una vera e propria prateria da conquistare, per i software e gli algoritmi di Morisi. Se il Salvini leghista nasce negli anni Novanta all'ombra del Senatur, il Salvini politico-digitale che oggi conosciamo, nasce negli anni dieci del Duemila ed ha come ostetrica proprio Luca Morisi. Il costante fuoco di fila di tweet, il rapporto diretto coi followers (Salvini ha un altissimo livello di engagement, superiore anche a quello di Trump), la pubblica esposizione della vita privata, l'ostensione della normalità (dalle foto al Papeete con pancetta in vista e cocktail in mano a quelle nel tinello coi rigatoni conditi col sugo in scatola), gli abbraccioni e i baci mandati ai nemici; dietro tutto questo c'è lo zampino di Morisi. E stiamo parlando di un caso di «campagna elettorale permanente» studiato, ed emulato, anche oltre i confini italiani.
Un genio della comunicazione? Non tutti sono d'accordo. C'è chi sostiene che la sovraesposizione mediatica di Salvini porti a un effetto di saturazione e chi, giustamente, crede che delegare tutta la propria comunicazione ad aziende private come Facebook e Twitter sia pericoloso, leghi mani, piedi e lingua alle decisioni di un altro. Questa volta gli è andata bene, ma più di una volta Salvini è stato censurato dai social per post molto meno discutibili di questo. Ma si sa l'algoritmo di Facebook, per non uscire dal clima militaresco, è una roulette russa.
E l'immagine un po' alla Rambo, con la mitraglietta spianata, arriva pochi giorni dopo un altro post molto criticato: quello in cui il vicepremier si vantava di stare guardando una puntata del Grande Fratello. Mentre Notre Dame era ancora in fiamme e le tv trasmettevano le dirette degli interventi di soccorso. Il declino di un astro? Difficile.
Per ora anche le trovate più naive di Salvini e del suo consigliori hanno racimolato migliaia di like. Magari pure la mitraglietta andrà a segno. Ora bisogna solo aspettare e vedere se questi like si trasformeranno in voti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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