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"La pista nera vale zero". Zittiti "Report" e sinistra

De Luca, procuratore di Caltanissetta, demolisce in Antimafia gli ex colleghi Scarpinato e Pignatone

"La pista nera vale zero". Zittiti  "Report" e sinistra
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"Zero tagliato". Eccolo, il voto in pagella dell'antimafia militante che da anni cerca nella fantomatica "pista nera" la risposta alle stragi di mafia che insanguinarono la maledetta estate del 1992. A far saltare in aria Giovanni Falcone a Capaci e Paolo Borsellino in Via d'Amelio, isolati e criticati prima di essere ammazzati, c'era "come concausa" il famigerato dossier mafia-appalti firmato dai Ros di Mario Mori, un'indagine seppellita da mezza Procura di Palermo del tempo. Ci sono magistrati passati dagli altari (costruiti dai soliti media zerbino dei pm come Report) alla polvere del sospetto, avanzato già da pentiti come Salvatore Cancemi e Giovanni Brusca.

L'audizione del procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca (foto) in commissione Antimafia, invitato dalla presidente Chiara Colosimo, è un colpo di bianchetto alla narrazione mainstream di Cosa nostra degli ultimi 30 anni: il procuratore capo di Palermo Giuseppe Pignatone viene dipinto come continguo a un gruppo di imprenditori in odore di mafia da cui ha comprato casa pagando -per sua ammissione - 20 milioni in nero. E come colui che, assieme al discusso predecessore di Gian Carlo Caselli Pietro Gianmanco - anche lui non estraneo a liaisons dangereuses con famiglie mafiose e politici collusi, tanto da voler andare al funerale di Salvo Lima - avrebbe sovraesposto Falcone e Borsellino, rendendoli "bersagli ambulanti" attraverso sapienti interviste a chi ne manipolava il pensiero.

Caselli proseguì su questo solco fallace difendendo il metodo Gianmanco "per volontà propria o perché non correttamente informato". Ne esce malissimo il senatore M5s Roberto Scarpinato, presente all'audizione, colui da Pg di Palermo con Sistemi criminali propinò la famigerata "pista nera" che legava P2, eversione postfascista, massoneria e 'ndrangheta in una Spectre onnipotente. "Quando abbiamo ricevuto gli atti da Palermo - ha aggiunto De Luca - pensavamo che si trattasse di una pista eccezionale, ma guardando le carte ci siamo resi conto che si trattava di zero tagliato". Fu sempre Scarpinato assieme a Guido Lo Forte, definito dal procuratore "collega di cui Borsellino diffidava, come di Gianfranco Natoli", (indagato a Caltanissetta assieme a Pignatone per favoreggiamento), a deciderne l'archiviazione senza informare Borsellino, che invece ci lavorò fino al giorno prima della morte. "Nella riunione del 14 luglio non ci fu alcuno scontro né si parlò dell'archiviazione del dossier", perché mai un leone come Borsellino si sarebbe scontrato con Gianmanco davanti ai sostituti, sottolinea De Luca, a cui persino Ilda Boccassini (come rivela la Verità) manifestò dubbi e perplessità sui colleghi pm.

Eccolo, il nido di vipere descritto dai due magistrati. Il verminaio di Palermo che si scoperchia dopo 30 anni è un macabro assist alla separazione delle carriere, al Csm che sbarrò la strada della Dna a Falcone grazie alle toghe rosse che ancora oggi provano a condizionare con inchieste evanescenti le indagini sui veri mandanti delle stragi.

Per Fdi insistere con la pista nera significa "alimentare confusione e allontanare la ricerca della verità", il Pd non ci sta a farsi sbugiardare: "Da Fdi tentativo opaco di riscrivere la storia oscurando tasselli del mosaico stragista". Buoni per costruire carriere e servizi tv, come dimostrano i molti ex magistati antimafia in Parlamento schierati a sinistra e oggi sbugiardati dai loro ex colleghi.

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