Elezioni politiche 2022

Movimento 5 svolte

Il nuovo corso dei pentastellati targato Giuseppe Conte è sempre più all'insegna delle logiche tradizionali di partito: il M5S antipolitico e anticasta è diventato tutto ciò che voleva combattere

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Il Movimento 5 Stelle è diventato il Movimento 5 svolte. Tecnicamente le giravolte grilline nei dieci anni di esistenza sono state decine, specie riguardo i programmi, le lotte e i posizionamenti politici. Ma il M5S è cambiato drasticamente anche nella sua essenza: anticasta per definizione, è via via diventato casta a tutti gli effetti.

Specie col nuovo corso targato Giuseppe Conte, i pentastellati ragionano, parlano e si presentano come un partito in piena regola. L'ultimo dei tabù è caduto alla vigilia delle elezioni politiche: quello delle pluricandidature. A cestinarlo è stato proprio l'ex premier, candidato in 5 collegi: in Campania (con annessa sfida lanciata a Luigi Di Maio che però potrebbe scegliere il suo feudo di Pomigliano d'Arco), in Puglia, a Roma e in due collegi lombardi, a Monza e a Seregno.

La composizione delle liste ha introdotto anche un'altra novità assoluta per i grillini, che hanno sempre giurato di voler considerare i loro esponenti politici come rappresentanti del popolo "da remoto", incaricati direttamente dai cittadini di eseguire l'operato stabilito tramite i meet-up e le votazioni online. L'uno vale uno famoso, che sarebbe dovuto valere sia per gli elettori che per gli eletti. Nel corso degli anni il concetto è stato emendato più volte della nave di Teseo. Ora, Conte l'ha definitivamente gettato alle ortiche introducendo il listino bloccato pieno di fedelissimi, in barba alle "parlamentarie" e alle designazioni degli utenti.

Come lui, infatti, altri 15 fedelissimi sono praticamente certi dell'elezione, con annessi intensi malumori nei territori. Tra questi l'ex sindaco di Torino, Chiara Appendino, in lizza per un posto alla Camera in tutti i collegi del Piemonte. A proposito di deroghe e di tabù, i giustizialisti pentastellati hanno regole tutte loro, visto che la Appendino è stata assolta in appello nel processo Ream per il mancato inserimento nel bilancio comunale di un debito di 5 milioni, ma condannata a un anno e mezzo per i fatti di piazza San Carlo del 3 giugno del 2017, quando durante la finale di Champions tra Juve e Real Madrid la calca scatenata dallo spray urticante spruzzato tra la folla provocò la morte di 2 persone e il ferimento di 1700 rimasero ferite. Il Codice etico dei 5 Stelle le consente di scendere in campo poiché il reato è colposo e non doloso.

Tra i vecchi grandi tabù caduti tra i pentastellati c'è quello per antonomasia: il "non" partito. Vista la sua natura antipolitica, il M5s aveva sempre rinunciato alle prerogative tipiche dei partiti tradizionali, tra cui la riscossione del 2 per mille, una forma di finanziamento dei partiti introdotta nel 2013. Poi, a novembre dello scorso anno, Conte promosse il dietrofront, giusto in tempo per rimediare una figuraccia epica: la bocciatura da parte della "Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici". L'organo, composto da cinque magistrati, respinse la richiesta pentastellata perché, proprio a causa della retorica "non partitica", non risulta iscritto al cosiddetto "registro dei partiti politici", al quale, per inciso, si accede solo se si è dotati di statuto. Vero, non il "non statuto" di vecchia data dei grillini che infatti hanno dovuto rifarlo daccapo. Seriamente.

I fondi, come tutti i partiti, il movimento avrebbe dovuto impiegarli per finanziare, tra le altre cose, le sezioni, altro grande cambio di rotta. Per anni, infatti, l'unica "sede" ufficiale del M5S è stata il Blog di Beppe Grillo, e i grillini rivendicavano con fierezza il fatto di non avere sezioni, circoli o radicamenti territoriali. La rete, intesa come quella web, era il sale della partecipazione degli attivisti. Le sedi sono roba da Prima Repubblica. Poi, un passo alla volta, il M5S si è dotato di un team simile a una segreteria politica e di sedi fisiche sparse in tutta Italia, specie nei feudi dei leader, come Pomigliano d'Arco, la città dell'ex capo politico Luigi Di Maio.

Poi ci sono i tabù politici, caduti uno dopo l'altro. Dal "no alle alleanze" con gli altri partiti al "mai col partito di Bibbiano", il Pd, con cui ormai il M5S si è praticamente fuso, fino al vincolo del doppio mandato che è da un lato l'ultimo dogma rimasto, e che ha provocato la scissione dei dimaiani altrimenti incandidabili.

Ma bisogna ricordare che già a livello locale il M5S si era inventato il "mandato 0" come deroga ad un vincolo che, proprio come gli altri, sarà destinato a diventare polvere.

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