Cronaca giudiziaria

La pm del caso Bossetti indagata per depistaggio

Ottenne l'ergastolo del muratore. Ora è nel mirino della difesa per la sparizione del Dna, unica prova

La pm del caso Bossetti indagata per depistaggio

Nella storia del processo a Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'assassinio della tredicenne Yara Gambirasio, irrompe una novità che costringe tutti a prendere atto che forse la terribile vicenda non è davvero chiusa. A finire sotto inchiesta è la donna che fin dagli inizi, dalle prime ore dalla scomparsa della ragazzina di Brembate, e poi dal ritrovamento del suo corpo esanime, ha lavorato con determinazione ferrea per dare un nome al colpevole: Letizia Ruggeri, pubblico ministero a Bergamo, il magistrato che ha portato Bossetti sul banco degli imputati e ottenuto la sua condanna al carcere a vita. E al centro delle accuse alla Ruggeri c'è proprio la prova principale - per non dire l'unica - che ha portato alla condanna del muratore di Mapello: il Dna, i reperti trovati sui resti della vittima, che la difesa non ha mai potuto esaminare e che ora non esistono più.

A ordinare di iscrivere la Ruggeri nel registro degli indagati è il giudice preliminare del tribunale di Venezia, dove erano approdate per competenza territoriale le denunce presentate dai legali di Bossetti contro i magistrati di Bergamo. Nel mirino dei legali era soprattutto il trasferimento nel 2019 di 54 campioni di Dna dagli armadi frigoriferi dell'ospedale San Raffaele di Milano all'ufficio corpi di reato della Procura di Bergamo. Uscendo dalla catena del freddo, i reperti divengono inutilizzabili. Le chance di Bossetti di poterli analizzare svaniscono.

In base alla denuncia dei difensori, la Procura veneziana aveva indagato il presidente della Corte d'assise di Bergamo Giovanni Petillo e una cancelliera dei corpi di reato, ma aveva poi chiesto l'archiviazione del procedimento. I legali avevano reagito depositando un duro atto d'accusa che puntava il dito soprattutto contro la pm Ruggeri. Tra gli argomenti citati dai legali, la deposizione del colonnello dei carabinieri Paolo Storoni, che aveva avuto l'ordine di recuperare al San Raffaele i campioni: «Si fece notare alla dottoressa Ruggeri che si trattava di materiale genetico che richiedeva appositi macchinari per la conservazione a determinate temperature sottozero. Ci fu risposto di procedere comunque al prelievo del materiale e a curarne il deposito presso l'ufficio dei corpi di reato di Bergamo». Al caldo.

Ora il giudice veneziano, rivela ieri l'Adnkronos, archivia la posizione di Petillo ma ordina di indagare la Ruggeri per frode processuale e depistaggio. È una accusa che non ipotizza una sciatteria incolpevole ma l'obiettivo preciso di «impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale». La presunta malafede della Procura è l'argomento che da sempre i legali di Bossetti usano per chiedere un nuovo processo. E a dodici anni dalla terribile morte di Yara, tutto torna a ruotare intorno al Dna di Ignoto 1. Perché altro contro Bossetti non c'è: non un movente, non un testimone.

Sola la prova inesorabile del Dna.

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