Magistratura

Pnrr e "abuso". Le toghe rosse ora cercano di controllare il governo

Entrano in campo le "toghe rosse" contro il governo Meloni. Abuso d'ufficio e riforma della Corte dei Conti: i magistrati "commissariano" Schlein e Conte e si auto-attribuiscono il potere di controllo sull'attività di maggioranza ed esecutivo

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Entrano in campo le «toghe rosse» contro il governo Meloni. Abuso d'ufficio e riforma della Corte dei Conti: i magistrati «commissariano» Schlein e Conte e si auto-attribuiscono il potere (assegnato alle opposizioni) di controllo sull'attività di maggioranza ed esecutivo.

In Parlamento è in corso l'esame della proposta di legge per abolire il reato d'abuso d'ufficio che imbriglia sindaci e amministratori. Mentre oggi alla Camera dovrebbe arrivare l'ok al decreto (poi passerà al Senato) che riformula i poteri di verifica della Corte dei Conti. Due provvedimenti che la magistratura di sinistra non gradisce. È Giovanni Melillo, capo della Procura Nazionale Antimafia, che si intesta la battaglia contro le due leggi.

In un'intervista a La Stampa il numero uno dell'Antimafia entra a gamba tesa sull'attività delle Camere: «La rivendicazione di un primato dei poteri discrezionali della Pa è tanto più credibile se alla richiesta di arretramento dei controlli esterni si accompagna un deciso rafforzamento delle linee di controllo interne. Ma non mi pare che di ciò ci sia traccia significativa. Il Paese ha certo il dovere di impiegare al più presto i fondi del Pnrr ma anche di farlo bene, evitando che esse si disperdano nei mille rivoli degli abusi e della corruzione ovvero finiscano nelle mani della criminalità mafiosa. Sarebbe utile ragionare intorno a un'idea condivisa di controlli non paralizzanti ma sempre rigorosi perché il rischio è che all'indebolimento dei controlli preventivi segua la drammatizzazione dell'impatto di quelli affidati al giudice». Il pm stronca la norma varata dal governo per circoscrivere meglio le funzioni dei magistrati contabili e velocizzare le procedure amministrative.

E anche sulla proposta di rivedere l'abuso d'ufficio l'invasione di campo è netta: «È possibile tentare di raggiungere un maggiore equilibrio del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pa, ma mi piacerebbe che questa discussione riguardasse anche le lacune normative che ostacolano le indagini, come quelle rivelatesi nella disordinata stagione del massiccio ricorso ai finanziamenti edilizi e pandemici», spiega il capo dell'Antimafia.

L'ingerenza di Melillo si era già palesata durante l'audizione in commissione Giustizia alla Camera proprio sull'abuso d'ufficio. Chi è Melillo? Nella corsa alla guida della Procura nazionale antimafia ha superato la concorrenza di Nicola Gratteri. Melillo è stato capo di gabinetto del ministro Pd Andrea Orlando, quando quest'ultimo guidava il ministero della Giustizia. Esponente di Area, la corrente che si contende con Md il campo della sinistra nella magistratura.

Un altro giudice, di recente, si è distinto per l'ingresso nella sfera di competenza del Parlamento per esercitare un controllo che spetterebbe alle opposizioni: Giuseppe Santalucia, (Associazione nazionale magistrati) si è schierato contro la riforma dell'abuso d'ufficio. I magistrati sono ufficialmente in partita. Il centrodestra è timido. In pochi reagiscono all'assalto.

Maurizio Gasparri di Fi attacca: «Il governo Meloni sta disponendo tutti i controlli necessari per la migliore gestione del Pnrr E sta rispettando soprattutto le regole disposte dall'Unione Europea. Tuttavia la Procura Nazionale Antimafia si rivela una fucina di futuri esponenti politici della sinistra».

Un certo fastidio per l'ingerenza delle toghe trapela anche dal Terzo Polo. Enrico Costa, deputato di Azione, al Giornale spiega: «La posizione di Melillo è articolata ma non la condivido in toto. Non mi convince l'ingresso su due provvedimenti in fase di approvazione dal Parlamento.

La magistratura dovrebbe attenersi, come dice il ministro Nordio, a un percorso istituzionale».

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