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Pnrr, frenata dell'Ue sulla terza tranche. Ma l'Italia è in regola da oltre dieci giorni. Pesa il "nodo" Mes

Come se non bastassero le oggettive criticità di un Pnrr da rimodulare nella quantità e qualità degli interventi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve fare i conti anche con una partita tutta politica in corso tra Roma e Bruxelles

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Come se non bastassero le oggettive criticità di un Pnrr da rimodulare nella quantità e qualità degli interventi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve fare i conti anche con una partita tutta politica in corso tra Roma e Bruxelles. È infatti vero, come ha più volte sottolineato il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che «è stato scritto prima della guerra in Ucraina, prima dei prezzi dell'energia alle stelle e prima di un'inflazione a doppia cifra». Con il costo delle materie prime che è lievitato clamorosamente in quest'ultimo anno, circostanza che ovviamente hanno ben chiara anche in Europa. La ragione dell'ennesima frizione con Bruxelles che ieri ha di fatto rimandato ancora l'erogazione della terza rata di finanziamenti, 19 miliardi bloccati da inizio anno è infatti con ogni probabilità molto più politica che tecnica. Perché a Palazzo Berlaymont nessuno dubita che alla fine i soldi arriveranno, mentre in molti pensano che il gran temporeggiare dell'Ue sia anche una risposta al ripetuto procastinare di Roma su due dossier che a Bruxelles considerano decisivi e non più rimandabili ormai da molti mesi: la questione delle concessioni balneari e la ratifica del Mes. È in particolare il via libera al Meccanismo europeo di stabilità già sottoscritto dal governo italiano e ratificato da tutti i 20 Stati della zona euro tranne l'Italia a creare la maggiore fibrillazione. È evidente, infatti, che Giorgia Meloni sempre contraria al Mes - fatica a rinnegare posizioni su cui in passato si è espressa con nettezza. Ma dopo la ratifica di Germania e Croazia, il nostro temporeggiare congela di fatto i restanti 19 Stati della zona euro. Peraltro, fanno notare fonti della Commissione Ue, «inutilmente», visto che «l'Italia non può sottrarsi alla ratifica» che peraltro «non ha niente a che vedere con la richiesta di effettivo accesso ai finanziamenti del Mes».

È in questo contesto, dunque, che la portavoce della Commissione Ue, Veerle Nuyts, fa sapere che «la valutazione» per il via libera alla terza rata del Pnrr italiano è «ancora in corso». Prima era atteso a marzo, poi è stato rinviato ad aprile e ancora oggi è in sospeso. E questo nonostante Fitto abbia mandato a Bruxelles ormai dieci giorni fa gli ultimi chiarimenti scritti richiesti dalla task force Pnrr della Commissione Ue. Insomma, fanno sapere da Palazzo Chigi, «nessuno può tacciarci di essere inadempienti».

Il che conferma la sensazione che la questione sia soprattutto politica. Anche perché a Bruxelles guardano con un certo scetticismo alle voci su un possibile ridimensionamento del Piano italiano. Tanto che da Palazzo Berlaymont ci tengono a sottolineare che qualsiasi revisione del Pnrr «non deve abbassare l'ambizione complessiva». Una raccomandazione che fa seguito alla polemica di giornata, con Fitto che smentisce un colloquio con il quotidiano La Stampa nel quale il ministro parlava di «smantellare» il Piano. Che non è la linea del governo, spiega Adolfo Urso. «Non vogliamo smantellare, ma rivedere le risorse da destinare ai singoli capitoli per utilizzarle al meglio, con progetti realmente cantierabili e con le modalità che la Commissione ci ha chiesto», spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy. Una razionalizzazione che deve essere presentata entro il 31 agosto e che, assicurano fonti di governo, arriverà a Bruxelles ben prima. Meloni, infatti, resta convinta che si debba puntare solo sui progetti che possono davvero essere realizzati entro giugno 2026 ed è proprio questo il monitoraggio in corso al ministero di Fitto. Gli altri progetti - che l'esecutivo «si è trovato» e sono stati «decisi da altri» - vanno invece accantonati.

Quando Matteo Salvini insiste per «spendere tutti i soldi» del Pnrr e avere per il suo ministero quelli «non spesi da altri», l'importante - è la linea di Meloni - è che si assuma chiaramente la responsabilità di questa scelta.

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