"Il Pnrr? I soldi arriveranno. Dall'Ue massima flessibilità"

Il commissario Gentiloni rassicura il governo italiano. "Ma il piano deve essere rimodulato in fretta e bene"

"Il Pnrr? I soldi arriveranno. Dall'Ue massima flessibilità"
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Arrivano? Sì, tranquilli, i soldi arrivano. «Il pagamento della terza rata del Pnrr avverrà prossimamente», annuncia Paolo Gentiloni. Questione di giorni, poche settimane al massimo. «Penso che nel giro di questo mese si giungerà a risolvere gli ultimi dettagli». Intanto però, in attesa della terza tranche, sta già per scadere la quarta. «Io non mi attaccherei ai termini formali. L'Italia proporrà delle modifiche agli obbiettivi, la discussione sta cominciando, le proposte sono sul tavolo e tutto ciò è molto utile». Perciò, spiega, adesso bisogna «lavorare in fretta» ma soprattutto «bene» perché da parte di Bruxelles non c'è ostilità, bensì il «massimo della flessibilità».

Insomma, niente scontri con Giorgia Meloni. Il commissario all'Economia porta dunque buone notizie. L'altro giorno ha definito ottimi i rapporti con Roma, «sono na meravija». Ora, a Sky tg 24, si spinge ancora più in là. «Dal punto di vista della Ue c'è grande disponibilità, non soltanto per un fatto di buona creanza, ma per evitare che in Paesi con piani importanti si accumulino dei ritardi eccessivi». L'Unione quindi non rema contro, giura, «non è proprio nel nostro interesse». E nemmeno il dibattito sulla riduzione del potere di controllo concomitante della Corte dei Conti sembra appassionare più di tanto la Commissione. «La decisione non viene commentata in alcun modo, né positivo né negativo. É una libera scelta del governo e del Parlamento italiano». Quello che conta, ripete «è raggiungere gli obbiettivi». Non sta certo a Bruxelles il compito di vigilare su legittimità e frodi, «noi verifichiamo la corrispondenza con i programmi».

Anche sui tempi, poi, Gentiloni invita a non impiccarsi sulle date. Fa l'esempio della Spagna, dove la discussione per rimodulare il Pnrr è durata alcuni mesi «perché noi non vogliamo che un piano venga presentato e poi la Commissione sia costretta a dire che non va bene: quando arriva una proposta di emendamento, è bene che sia almeno in parte corrispondente per grandi linee agli obbiettivi, ossia che restino solo dei dettagli da sistemare». In questo quadro il dialogo preventivo diventa «fondamentale».

Però, aggiunge, non bisogna nemmeno perdere altro tempo. «Se le autorità italiane vogliono ragionare sulla rata prevista a giugno, concentriamoci su quella, che è alle porte. Se vogliamo esaminare la quarta, siamo disponibili a farlo in una cornice di riassetto generale. Noi diciamo ok ma dobbiamo pure guardare al più presto all'insieme della rimodulazione, senza aspettare l'ultimo momento». Quindi, «portiamoci il più avanti possibile».

Tuttavia per Gentiloni l'attenzione deve «essere concentrata sui contenuti», altrimenti ci si perde «nella retorica su chi è in ritardo o chi no, sulle pagelle». Andiamo al sodo. «Qui stiamo parlando di una leva per spendere e realizzare investimenti. Forse dell'unica forma che ha un governo come quello italiano in un momento di alto debito e di inflazione ancora molto alta. Stiamo parlando di asili nido, Ferrovie locali, sanità». E di riforme da fare, «come quella sulla concorrenza, da approvare entro la fine dell'anno».

Niente riforme niente soldi. Tuttavia il Pnrr non è «una medicina amara», qualcosa di cui aver paura. L'Italia, certo, «farà le sue scelte in materia di bilancio». Però «non c'è altro modo per investire e avere spesa pubblica positiva nei prossimi anni con cifre di simili volumi». Quindi, «è una priorità». Bruxelles sta dando una mano a rispettare i programmi e utilizzare le risorse, «ma questo impegno deve essere al centro dell'agenda» di Palazzo Chigi. Ma l'Italia ce la può fare.

La situazione dell'economia «è positiva anche se rimane l'incertezza per il rallentamento di alcuni Paesi». L'Ocse conferma i buoni numeri dei fondamentali, in particolare «la crescita dell'1'2 per cento nel 2023». Peccato per «le difficoltà di Germania e Olanda», perché se si ferma Berlino «non è mai una buona notizia».

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