Guido Crosetto, fondatore e coscienza critica di Fdi, come valuta il programma della conferenza programmatica voluta dalla Meloni?
«Sono la coscienza critica di me stesso e come lo faccio con me, lo faccio da amico anche con Giorgia. La cosa più importante è che un partito si trovi non per parlare di se stesso ma del compito fondamentale della politica, cioè studiare, analizzare la situazione e proporre all'elettorato soluzioni per cambiare, per innovare, per costruire un futuro».
Tra i molti temi si nota l'assenza dell'attualità più dura, dalla guerra in Ucraina alle difficoltà della coalizione di centrodestra.
«Per fortuna dall'appuntamento è bandita la politica politicante, perché non si tratta di parlare di persone ma di cose da fare, di un programma per invitare gli altri a confrontarsi. Per quanto riguarda l'Ucraina Fdi, pur non avendo responsabilità di governo, ha sempre avuto una posizione chiara e coerente sul tema. Il problema ora è capire come trovare una strada per ricomporre pacificamente la situazione, tenendo conto che trattiamo con Putin, che può qualunque cosa, compreso sedersi al tavolo di una trattativa o tirare una bomba nucleare».
In Sicilia il centrodestra si è spaccato. È una questione locale o un allarme più ampio?
«Che esista una crisi del centrodestra, soprattutto dopo l'elezione del presidente della Repubblica, non lo devo dire io: non si sono più trovati. Poi, la Sicilia ha condizioni particolari e personaggi suoi che non contribuiscono nel loro egoismo, nella loro età politica e nei loro rapporti personali incrinati da tempo a trovare una soluzione comune».
Su che cosa si potrebbe ritrovare il centrodestra?
«Provando a scrivere un programma per il Paese. In questo modo si costringerebbe il centrosinistra a fare altrettanto. Ma ho l'impressione che molti preferiscano mantenersi sotto l'ala di un tecnico, perché consente onori come auto blu e scorte ma senza oneri. L'unica rimasta fedele alla vecchia alleanza è la Meloni. Lega e Fi hanno accettato anche alleanze di governo più innaturali».
Il sottotitolo del congresso è «appunti per un programma conservatore». Si parla di terra dei padri, famiglia cuore d'Italia, indipendenza nazionale e di molto altro ancora. Ma vede qualcosa di forte su cui puntare?
«Si parla di temi che possono interessare una qualunque forza di governo, dall'Europa a che cosa significa essere una nazione. È chiaro che non c'è nulla di nostalgico e che la politica degli slogan ha già fatto i suoi danni».
Ma la politica non è fatta di priorità?
«Certo, iniziando da un programma che è il punto di partenza per allargare non solo a Salvini e Berlusconi ma a Brugnaro, Toti, Lupi, Rotondi.
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