Polonia, sfida senza precedenti alle fondamenta dei Trattati. Von der Leyen: "Io li proteggerò"

Il governo di Morawiecki non vuole riconoscere la preminenza delle norme europee. Rischio Polexit. Il presidente di turno sloveno imbarazza Bruxelles

Polonia, sfida senza precedenti alle fondamenta dei Trattati. Von der Leyen: "Io li proteggerò"

Un braccio di ferro solo apparentemente sul piano giudiziario, ma in realtà tutto politico, contrappone la Polonia all'Unione Europea, col rischio di ricadute incontrollabili. Lo scontro, nato dalla clamorosa decisione della Corte Costituzionale di Varsavia di non più riconoscere la preminenza delle norme europee su quelle nazionali, rischia di causare un terremoto nell'Unione le cui conseguenze potrebbero andare ben al di là della cosiddetta Polexit, ovvero l'ipotetica uscita della Polonia dall'Ue: siamo di fronte a una sfida senza precedenti nella storia comunitaria, che la presidente della Commissione Europea (il governo di Bruxelles) Ursula von der Leyen ha subito raccolto. Si tratta dell'accettazione o del rifiuto del ruolo preminente di Bruxelles rispetto a quello degli Stati nazionali, e quindi di una sorta di scontro finale con il sovranismo europeo.

Il governo sovranista di Varsavia infatti non è solo anche se in Polonia l'opposizione europeista guidata dall'ex presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk si sta mobilitando per difendere i legami del suo Paese con Bruxelles -, e ha ricevuto non soltanto la solidarietà scontata del leader ungherese Viktor Orbàn ma anche quella di Janez Jansa, premier della Slovenia che attualmente ricopre la presidenza semestrale di turno dell'Ue. Ma dall'altra parte, la Polonia sta ricevendo pesanti critiche dai partner europei, Francia e Germania in testa, che mettono in guardia il premier Tadeusz Morawiecki dal rischio di un'uscita di Varsavia dall'Ue.

Soprattutto, Ursula von der Leyen ha rilasciato una dichiarazione di fuoco, in cui ha chiarito che tutte le sentenze della Corte Europea di Giustizia sono vincolanti per le autorità di tutti gli Stati membri, compresi i tribunali nazionali. I diritti degli europei sanciti dai trattati ha aggiunto la presidente della Commissione devono essere tutelati indipendentemente dal Paese in cui essi vivono. Pertanto, ha minacciato, «non esiterò a fare uso dei poteri ai sensi dei trattati per salvaguardarli». E proprio questa affermazione ha suscitato la reazione di Jansa, che si è spinto a parlare di «dichiarazioni ai limiti dell'infrazione della legge europea».

All'origine del confronto in corso c'è l'annosa sfida del governo sovranista polacco, fatta propria dalla Corte Costituzionale nazionale, alle decisioni della Corte di Giustizia europea su una serie di questioni eminentemente politiche. Si va dall'obbligo di accogliere sul proprio territorio quote di immigrati da redistribuire dopo lo sbarco in Paesi terzi (spesso l'Italia) ai pronunciamenti sulla stessa indipendenza del sistema giudiziario della Polonia, bollato come asservito al potere politico, dalla libertà d'informazione ai diritti delle minoranze. In un crescendo di toni polemici, Bruxelles aveva chiesto che entro il 16 agosto Varsavia accogliesse una decisione della Corte europea in tema di sanzioni nei confronti dei giudici, e Morawiecki aveva presentato ricorso negando «il diritto di interferire nei sistemi giudiziari dei singoli Paesi». Ieri però si era andati ben oltre, con la Corte polacca che ha negato la preminenza del diritto comunitario su quelli nazionali.

È dunque, chiaramente, sfida aperta. E il rischio Polexit diventa concreto anche se Bruxelles non ha il potere di cacciare i Paesi ribelli.

Può però sanzionarli duramente, e siccome il capitolo polacco del Recovery Plan non è stato ancora approvato, a Varsavia potrebbero pentirsi del loro estremismo, perché ai concreti vantaggi derivanti dall'adesione all'Ue nemmeno gli elettori sovranisti vogliono rinunciare.

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