"Polveriera" Marche, regione ad alta tensione. Da Traini in poi una scia di aggressioni

Don Albanesi: "Una società chiusa". Il governatore Acquaroli: "Noi solidali"

"Polveriera" Marche, regione ad alta tensione. Da Traini in poi una scia di aggressioni

Poche ore dopo l'uccisione di Alika Ogorchukwu, massacrato per futili motivi dal 32enne italiano Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, un'altra brutale aggressione, un tentato omicidio. Ancora nelle Marche. Ancora per futili motivi.

A Recanati, provincia di Macerata, un 22enne nato in città ma di origini marocchine è stato accoltellato da un operaio italiano di 47 anni. Il giovane, ricoverato in prognosi riservata all'ospedale regionale di Torrette, è scampato alla furia dell'uomo grazie all'intervento del titolare di un bar che ha assistito alla scena. L'una di notte circa: alcuni ragazzi stavano festeggiando la chiusura di un campus scolastico, quando l'operaio ha intimato loro di spostarsi per la confusione. I giovani si sono spostati ma lui li ha seguiti, continuando a litigare. Poi ha tirato fuori un coltello e ha colpito il 22enne al torace e alla schiena, mentre gli altri cercavano invano di bloccarlo. È intervenuto il gestore di un locale che ha sentito le urla del giovane ed è riuscito a sottrarlo ad altri fendenti. Il 47enne, Omar P., è stato fermato e portato al carcere di Montacuto, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto. L'accusa è tentato omicidio aggravato da futili motivi e porto abusivo di arma da taglio. Nello stesso penitenziario è recluso anche l'omicida dell'ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu.

Gesti efferati che scuotono la comunità marchigiana, che in queste ore ricorda i precedenti sul territorio. Emmanuel Chibi Namdi, nigeriano, aveva 36 anni quando nel 2016 ha perso la vita a Fermo, dopo una colluttazione con un ultrà della Fermana che aveva insultato la sua compagna. È morto mentre difendeva la donna dagli insulti razzisti di Amedeo Mancini, che ha patteggiato una condanna a 4 anni per omicidio preterintenzionale da scontare ai domiciliari. Emmanuel lo aveva aggredito e Mancini aveva reagito con un pugno: il 36enne era finito a terra, battendo la testa sull'orlo del marciapiede. Il giudice ha riconosciuto l'attenuante della provocazione, ma anche l'aggravante dell'odio razziale. La stessa attribuita anche alla folle furia di Luca Traini, oggi 33 anni. Il 3 febbraio 2018, a Macerata, era salito in macchina e aveva iniziato a sparare a caso alle persone di colore che incontrava sulla sua strada, ferendo sei migranti. Aveva dichiarato di volere così vendicare la 18enne Pamela Mastropietro, la giovane uccisa e fatta a pezzi da un pusher nigeriano. Traini è stato condannato a 12 anni di carcere per strage e porto abusivo d'arma.

Si parla già di un caso Marche, si cercano ragioni e condizioni che possano aver alimentato in questo anni l'odio e l'intolleranza. Ma secondo monsignor Vinicio Albanesi, fondatore della comunità di Capidarco, che ha assistito Emmanuel e altri richiedenti asilo, le Marche non sono razziste, quanto invece «una società chiusa, familista, che non accetta l'estraneo».

Il governatore Francesco Acquaroli intende far costituire la Regione parte civile nel processo per la morte di Alika «per difendere l'identità, i valori e l'immagine dei marchigiani e delle Marche. Siamo da sempre una comunità solidale, inclusiva e vogliamo rimanere tale, con l'impegno di tutti».

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