Si dice stanco, Papa Francesco, al termine dello storico viaggio in Irak. Ma soddisfatto per aver realizzato quello che, a 84 anni, nessun potente della terra aveva mai fatto. Alla vigilia del suo ottavo anno di pontificato, il Pontefice sorride, incrociando le dita in segno scaramantico. «Si fa così no?», scherza con i giornalisti durante la consueta conferenza stampa sul volo che da Baghdad lo riporta a Roma. E ammette: «Non so se i viaggi si realizzeranno o no, solo vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Gli 84 anni non vengono soli».
Ci sono però già in programma l'Ungheria, a settembre, per la messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale. «Ma Budapest è due ore di macchina da Bratislava, perché non fare una visita in Slovacchia? È così che vengono le cose», confessa. Poi il Libano, «ho fatto una promessa di fare un viaggio nel Paese». E la sua Argentina? «Voglio dirlo perché non si facciano fantasie di patriafobia: quando ci sarà l'opportunità si dovrà fare, perché c'è Argentina, Uruguay, sud del Brasile, che è un composto culturale molto grande». In Iraq un vero e proprio tour de force. Tre giorni nella terra di Abramo. Un paese che aspettava un Papa da sempre, e comunque da almeno vent'anni, quando Giovanni Paolo II fu costretto a cancellare la visita a causa della guerra. Un viaggio che ha portato speranza, consolazione, coraggio a una terra martoriata, dove i cristiani perseguitati vivono tra guerre e attentati. «Dopo questi mesi di prigione dice il Papa riferendosi ai 15 mesi di assenza di viaggi a causa della pandemia - questo è per me rivivere, toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio. Mi sento diverso quando sono lontano dalla gente», aggiunge Francesco. Bergoglio si sofferma sull'incontro con il grande ayatollah Al-Sistani, definendolo «un grande, un saggio, un uomo di Dio». Un faccia a faccia storico che mette un altro tassello nella costruzione della fratellanza umana.
Ed ancora, racconta di ciò che il suo cuore ha provato nel vedere le rovine di Mosul: «È stato toccante, da non credere la crudeltà umana. Ma quello che più mi ha toccato dice - è stata la testimonianza di una donna a Qaraqosh che nei primi bombardamenti del Daesh ha perso il figlio e lei ha detto una parola: perdono. Questo è Vangelo puro».
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