Pontieri azzurri in azione per ricucire con la Lega e trattare con i renziani

La strategia del Cav: cerca mediazioni sulle alleanze e sulla legge elettorale. Il ruolo di Letta

Pontieri azzurri in azione per ricucire con la Lega e trattare con i renziani

Ghedini e Letta. Ma anche Toti, Romani e Brunetta. Tutti i pontieri di Berlusconi sono in campo perché ora serve chi parla a destra ma anche a manca. Il Cavaliere lo sa e lo dice: «Io resto centrale. Senza di me nessuno va da nessuna parte». Né la destra né la sinistra. In centro. Un po' di qua e un po' di là. Ecco l'attuale strategia di Berlusconi che fa tanto innervosire Salvini al quale, però, l'ex premier non dà troppo peso. Il suo pensiero: «Senza Forza Italia, la Lega non vincerà mai». Detto questo, Berlusconi non vuole rompere con l'alleato storico, anzi. Lascia che la patata bollente di un Carroccio scalpitante sia smazzata dal governatore ligure Giovanni Toti ma anche da chi, oggi, fa le facenti funzioni del coordinatore nazionale, il fidatissimo Nicolò Ghedini. L'avvocato senatore ha appena sapientemente ricucito lo strappo di Padova, dove gli azzurri avevano fatto cadere il sindaco leghista Bitonci, e riportato la pace tra gli alleati. Non solo: appena può smussa le divisioni tra verdi e azzurri e lavora di cesello; sottolinea ed esalta ciò che unisce, sminuisce e ridimensiona ciò che divide. A tenere i fili con l'alleato storico ci sono anche i due capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Romani: pure loro impegnati in un lavoro quotidiano per rassicurare il capo della Lega; «No, con la sinistra non si va».

Ma con la sinistra si parla, specie adesso che il Pd nel caos e non si esclude la scissione con la sinistra più retrò. A dialogare con il mondo renziano è il Mazarino azzurro per eccellenza, Gianni Letta: il campione della riservatezza, il numero uno della prudenza. Servono quintali di diplomazia per parlare di legge elettorale e per interfacciarsi con il Quirinale che della partita è giocatore fondamentale. Chi meglio di Gianni Letta, quindi? Il principe della diplomazia berlusconiana si muove muto ma si muove. Il suo mandato è quello di mediare, conciliare, arginare movimenti tellurici che potrebbero portare l'Italia al voto troppo presto. «Adesso sarebbe da irresponsabili», ripete ai suoi. Di Renzi, però, il Cavaliere fa fatica a fidarsi; già una volta è stato scottato. A questo proposito si registra un parzialmente insolito elogio al governatore pugliese Michele Emiliano. Parzialmente perché già in passato erano state moine. Al Quirinale per il brindisi di fine anno il Cavaliere lo disse papale papale al piddino: «Ora faccio il tifo per lei, lo sa?». Forse si ricordava di quando Emiliano, nel 2013, all'arrivo del Cavaliere in Puglia fece srotolare uno striscione: «Caro Silvio, bentornato a Bari».

Insomma, Berlusconi è tornato centrale e parla a destra a sinistra ma anche al centro. Un centro che se la sta passando brutta sia nella variante verdiniana sia in quella alfaniana.

Caduto in disgrazia Renzi non poteva rotolare nella polvere pure il sodale Denis che inizia a perdere peso e pezzi. E trema pure Alfano, tornato a comporre il numero di Arcore. E Berlusconi risponde. Ma questo non vuol dire riaccoglierlo come un figliol prodigo. Vuol dire solo: «I conti si fanno ancora con me».

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