Per l'opinione pubblica che si vuole «illuminata», populismo è termine che si può applicare solo a una parte politica. E così le reazioni di tanti commentatori di fronte alla vittoria in Grecia di Syriza mostrano che quando talune soluzioni sono avanzate dalla destra sono per forza di cose vergognose, mentre cambiano di segno se a proporle è una realtà della sinistra.
Basti pensare alla questione dell'Europa. Una delle accuse che più di frequente sono state dirette verso le forze moderate, in Italia e non solo, è stata quella di avere assunto posizioni piuttosto tiepide o anche ostili nei riguardi del progetto di unificazione politica del continente. Con ragioni diverse e spesso contrastanti, i liberali e i nazionalisti sono stati egualmente attaccati da quanti, nel fronte progressista, ritengono che il futuro spetti alle grandi integrazioni globali e leggono quindi nell'Europa unita un passo in tale direzione.
Ma quale è l'atteggiamento di Alexis Tsipras al riguardo? La sinistra di Syriza ha vinto soprattutto perché si è presentata, nel quadro politico ellenico, come la forza più avversa a Bruxelles. La nuova Grecia è pronta a mettere anche in discussione la sua presenza nell'Unione se questo vorrà dire l'adozione di politiche che i nuovi dominatori della politica di Atene reputano inammissibili.
D'altra parte, i vincitori usciti dalle urne sono convinti che l'economia greca possa rimettersi in piedi senza toccare i meccanismi della redistribuzione e senza limitare la spesa pubblica. Non c'è il minimo dubbio che l'Europa e la troika abbiano commesso tutti gli errori possibili, e di più. È stato un errore, in primo luogo, finanziare in vario modo lo sciupio di risorse di quella politica corrotta e poi, in un secondo tempo, pensare di tenere la Grecia in Europa e metterla «sotto tutela». Ma questo non toglie che sia irresponsabile addebitare al mercato, e non già alla sua assenza, il fallimento dell'economia greca. Le facili scorciatoie suggerite da Tsipras, però, non sono contestate dai progressisti, che anzi guardano con simpatia al fatto che rigetti l'austerità e sia alla ricerca di soluzioni «nuove». Intervistato da La Repubblica , uno dei nuovi leader dell'estrema sinistra tedesca (Bodo Ramelow) ha affermato che «i nuovi movimenti devono vincere sottolineando differenze costitutive dalla destra populista». Ma perché Ramelow afferma questo? Quando mai Berlinguer si preoccupò di distinguersi da Almirante? Le parole del leader tedesco hanno senso perché è chiaro che da molti punti di vista la difesa della redistribuzione, l'illusione che si possa vivere bene anche senza produrre e la tendenza a trovare capri espiatori (gli immigrati o la finanza, o anche entrambi) accomuna le varie demagogie in circolazione.
Un populismo che, non a caso, assume i tratti di un fronte comune variamente anticapitalistico.La demagogia regna sovrana: a destra come a sinistra. Ma non vedere l'enorme trave che si trova negli occhi dei nostri amici è segno solo di una mancanza di serietà.
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