Roma - Antonio Tajani sostiene Stefano Parisi. «Ma certo - spiega l'esponente di Forza Italia e vicepresidente vicario del Parlamento europeo - Dobbiamo aprire le porte a chiunque voglia impegnarsi per recuperare consensi che non abbiamo perso definitivamente».
Ma momentaneamente sì.
«L'assenza forzata di Berlusconi ci ha danneggiato molto. Ma confidiamo nella Corte di Strasburgo».
Tornando a Parisi: braccia aperte all'homo novus?
«Ma certo. Non abbiamo mica individuato un candidato premier. Ognuno di noi può portare delle idee».
Sì ma in molti in Forza Italia sembrano mettergli i bastoni tra le ruote.
«In parte è fisiologico con chi viene da fuori. Lo fecero anche con Toti. Ma il problema non è chi comanda: il leader ce l'abbiamo ed è Berlusconi. Se Parisi porta nuovi consensi, bene».
Parisi spaventa perché ha il compito di rottamare i dinosauri di Forza Italia.
«Io sono uno dei fondatori di Forza Italia. Eppure non mi sento un rottamato o un rottamabile. Ognuno dà quello che dà. E poi Berlusconi non ha mai rottamato nessuno. Accolsi bene Toti come accolgo bene Parisi».
Cosa si aspetta dalla convention di Milano?
«Non lo so. So cosa sto facendo io: sto lavorando per tenere aperto il dialogo con l'Italia che produce. E a Fiuggi, alla kermesse che sto organizzando, ci incontreremo con industriali, artigiani, commercianti per confrontarci con la spina dorsale economica del Paese».
Solo economia?
«No. Ci sarà l'ex presidente della Consulta Annibale Marini per spiegare perché bisogna votare no alle riforme di Renzi; Enzo Moavero Milanesi per parlare di Europa. Vogliamo i dibattiti, non parlare per slogan».
Sembra pensare alla Lega. A proposito: i vostri futuri compagni di strada?
«Lega e Fratelli d'Italia. Si deve partire dall'alleanza che ha dimostrato di essere valida e duratura. Se poi l'alleanza si allarga, meglio ancora».
Sull'Europa Lega e Fi paiono incompatibili.
«Noi vogliamo riformare l'Europa, non uscirne. E tutta la tradizione del centrodestra è europeista: penso ad Almirante, Covelli, Malagodi. Dobbiamo avviare un dibattito per la revisione dei trattati e studiare, impegnarci, fare squadra. Quello che fa la Merkel: la più brava di tutte dopo Berlusconi che era autorevole e preparatissimo su tutti i dossier».
Quindi l'Europa non è la causa di tutti i nostri mali?
«Macché. È matrigna l'Europa che impone allo Stato italiano di pagare i 65 miliardi di debiti alle imprese?».
Se Renzi perde il referendum si deve dimettere?
«È lui che l'ha detto e che ha personalizzato il referendum»
Se cade Renzi ci potrà essere un governo di unità nazionale con voi dentro?
«Se vince il No si dovrà aprire una nuova stagione di riforme, tra cui la legge elettorale e magari quella della giustizia che con le sue lungaggini ci costa il 2% del Pil. Ce lo chiede l'Europa».
A proposito: il Pil è al palo. È giusto chiedere all'Europa più flessibilità?
«Solo se sappiamo curare i nostri mali atavici. Non può essere scusa per non fare niente: il problema è l'Italia, non l'Europa».
Per esempio abbattere il debito pubblico che invece lievita.
Perché?«Per politiche clientelari, attente solo al consenso. E così si sperperano soldi. Per esempio: Roma ha davvero bisogno di 70mila dipendenti comunali? Lo Stato non può più essere un ammortizzatore sociale».
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