Un positivo entra a scuola. Chiuso l'istituto riaperto

Primo caso in un professionale di Verbania. Ancora troppe le incognite sul ritorno in aula

Un positivo entra a scuola. Chiuso l'istituto riaperto

Un «utente positivo» e la scuola appena riaperta chiude. Purtroppo lo scenario peggiore in vista della ripresa delle lezioni si è già verificato all'istituto Cobianchi di Verbania in Piemonte. Un professionale che diligentemente aveva già ripreso l'attività di formazione finanziata con i fondi europei del Programma operativo nazionale, Pon. Ma ieri sul sito dell'istituto è comparsa la comunicazione del dirigente scolastico Vincenza Maselli: sospensione delle «attività didattiche a partire da lunedì 31 agosto 2020 per consentire lo svolgimento di un intervento di sanificazione dei locali come previsto dalle attuali normative per il contenimento della pandemia da Covid-19». Un intervento necessario, prosegue la nota della dirigente «poiché un utente, entrato recentemente in istituto, è risultato positivo al virus Covid-19». La preside si riserva di comunicare al più presto la data di riapertura.

La presenza di un positivo a scuola è un evento altamente probabile ed è per questo che servono regole stringenti non soltanto per la gestione di un eventuale infetto ma anche su come contenere al minimo le conseguenze in modo che non si debba chiudere la scuola e tornare alla didattica a distanza per tutti. Mascherine, distanziamento, banchi monoposto, ragazzi suddivisi in piccoli gruppi in ampi spazi: tutte queste misure dovrebbero servire a evitare la chiusura di un intero istituto nel caso in cui si riscontrasse la presenza di uno studente o di un docente positivo. Con la garanzia che i contatti sono stati limitati a un gruppo ristretto e comunque sempre con i dispositivi di protezione le autorità sanitarie potrebbero valutare, ad esempio, la sospensione soltanto per quel gruppo classe e non per tutto l'istituto.

Indispensabile quindi una strettissima collaborazione tra scuola e sanità. E dato che non ci sono medici sufficienti per creare un presidio in tutte le scuole è invece molto più concreta la possibilità che in molti istituti ci sia un infermiere che potrebbe anche ricoprire il ruolo di referente Covid. La proposta arriva dalla Federazione nazionale delle professioni infermieristiche, Fnopi: dotare ogni scuola di un infermiere scolastico con un ruolo proattivo rispetto alla salute degli alunni. Anche perché nelle assunzioni straordinarie previste dall'emergenza Covid ci sono anche i 9mila infermieri che dovranno rivestire il ruolo di «infermiere di famiglia e comunità». In questo caso la comunità più bisognosa di una presenza attiva è appunto quella scolastica.

Restano in piedi però troppe incognite che tra l'altro hanno indotto alcune regioni a far slittare la data di inizio delle lezioni a dopo le Regionali visto che poi moltissime scuole saranno sede di seggio e dunque dovranno chiudere e sanificare tutti gli ambienti. I presidi hanno lanciato settimane fa l'allarme sulla mancanza di docenti, almeno 250mila cattedre andranno in supplenza, ma anche di spazi alternativi dovendo dividere le classi.

Almeno 400mila ragazzi, quindi circa 20mila classi devono ancora trovare una collocazione certa in base alla disponibilità offerte anche dagli enti locali sul territorio. E poi ancora i test che qualcuno vorrebbe obbligatori per i docenti e la misurazione della febbre affidata alle famiglie e che oltretutto è ritenuta dagli esperti un parametro non decisivo.

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