Meloni accelera per giurare domenica. Contatti con Macron per il primo bilaterale della neo premier

Potrebbe essere il secondo esecutivo più veloce della storia (dopo il Cav nel 2006): solo 27 giorni dal voto. L'agenda internazionale: perde terreno Kiev, idea Washington (e Nord Africa). Lunedì possibile faccia a faccia con Emmanuel a Roma

Meloni accelera per giurare domenica. Contatti con Macron per il primo bilaterale della neo premier

Fosse stato per lei, avrebbe preferito prendere in mano il dossier dei rapporti internazionali con più calma. Magari ritagliandosi qualche giorno per un'ulteriore riflessione su quelli che potrebbero essere i suoi primi impegni all'estero da presidente del Consiglio. D'altra parte, ormai da tre settimane, Giorgia Meloni è impegnata da mattina a sera con il delicato puzzle della squadra di governo. Questione che, insieme all'emergenza energia, la sta assorbendo dal giorno dopo le elezioni. Tra alti e bassi. Se ieri mattina è arrivata alla Camera dicendo che con la composizione dell'esecutivo era ormai «ad ottimo punto», a sera ha dovuto lasciare Montecitorio con ancora in corso un duro braccio di ferro con Silvio Berlusconi sul dicastero della Giustizia. Non propriamente una poltrona di seconda fascia.

Il rischio, insomma, è che cada nel vuoto l'auspicio di Giovanni Donzelli, convinto che il prossimo «sarà il governo che nascerà prima», almeno «nella storia della seconda Repubblica». Previsione un filo azzardata a prescindere da eventuali rallentamenti dovuti alle interlocuzioni di queste ore sul ministero della Giustizia. Al Quirinale, infatti, l'unico paletto che hanno messo è quello di dare l'incarico a Meloni dopo che Mario Draghi sarà rientrato dal Consiglio Ue in programma a Bruxelles domani e dopo. Quindi, al più presto, nella serata di venerdì oppure sabato mattina. Anche se la leader di FdI si ripresentasse al Colle a stretto giro - e questa è la sua intenzione - il giuramento del governo Meloni non potrebbe arrivare prima di sabato sera o, più facilmente, domenica. Anche nel primo caso, dunque, a esattamente 27 giorni dal voto del 25 settembre. L'esecutivo più veloce, dunque, resterebbe il Berlusconi IV del 2008 (24 giorni tra elezioni e giuramento) con il Prodi II del 2006 al terzo posto (37).

Dettagli, ci mancherebbe. Perché la sostanza resta comunque quella di una Meloni decisa a spingere sull'acceleratore e che già lunedì potrebbe portare a casa la fiducia della Camera (Draghi iniziò dal Senato). E che proprio nelle ore del giuramento potrebbe essere alle prese con il suo primo appuntamento internazionale. Domenica e lunedì, infatti, sarà in visita a Roma il presidente francese Emmanuel Macron, che ha in agenda un pranzo con Sergio Mattarella e un'udienza dal Papa. Al momento dall'Eliseo smentiscono che sia in programma un incontro con Meloni che «ancora non ha ricevuto l'incarico». Ma sarebbero in corso interlocuzioni e l'intenzione è quella di riuscire a creare un momento di contatto, ovviamente nel caso in cui la leader di Fdi abbia già giurato. Insomma, una decisa accelerazione anche sul fronte internazionale per il futuro premier. Che ancora in questi giorni sta ragionando sull'opportunità di partecipare in prima persona alla Cop27 in programma a Sharm el-Sheikh la seconda settimana di novembre. L'idea iniziale, infatti, era quella di un primo appuntamento estero che avesse un significato particolare. Si è ipotizzato Kiev, passando anche per Varsavia (proprio ieri presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha avuto parole di elogio per Meloni). Ma l'intensificarsi degli attacchi russi sulla capitale dell'Ucraina lascia pensare a un rinvio. Sul tavolo, anche l'idea di una prima missione in un Paese del Nord Africa per porre l'accento sulla questione immigrazione. Anche se con tutti i fronti aperti forse non ha molto senso accendere i riflettori su un tema che registra sensibilità diverse all'interno della maggioranza. Sullo sfondo, ovviamente, l'auspicio di un viaggio a Washington al più presto. Ma su questo fronte gli ostacoli sono diversi e, probabilmente, i tempi non saranno strettissimi.

Decisamente più plausibile, invece, il primo faccia a faccia con Macron tra domenica e lunedì. Anche per chiudere la polemica che si è aperta all'indomani del voto italiano con il primo ministro francese Elisabeth Borne.

Nonostante le recenti frizioni, infatti, Meloni ha bisogno di avere un canale diretto con Parigi, anche e soprattutto sul fronte energetico. E allo stesso modo Macron non può permettersi di non interloquire con Roma, perché - che governi il centrosinistra o il centrodestra - l'Italia è comunque un Paese che resta al centro delle dinamiche europee.

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