«È povero, può restare» Il giudice apre le porte al migrante economico

Un giovane del Gambia chiede il permesso di soggiorno. Il magistrato gli garantisce la protezione umanitaria come un profugo

Antonio Ruzzo

Milano Né profugo, né perseguitato. Semplicemente povero, molto povero. E nell'impossibilità di garantirsi un vita decente in Gambia, il suo Paese d'origine dove esiste una stagione della fame che priva le famiglie delle scorte alimentari, dove l'aspettativa di vita è di 59 anni e dove l'accesso alle cure mediche è quasi impossibile in spregio agli obblighi di solidarietà internazionale. Protezione umanitaria quindi. È quella concessa pochi giorni fa da un giudice del tribunale di Milano a un giovane gambiano che chiedeva il permesso di soggiorno pur non avendone diritto.

«Il rimpatrio - si legge nell'ordinanza - porrebbe il ricorrente in una situazione di estrema difficoltà economica e sociale sostanzialmente imponendogli condizioni di vita del tutto inadeguate...». E così il giudice civile Federico Salmeri, della prima sezione civile, ha disposto che in questo caso non si deve procedere al rimpatrio. Una sentenza che farà discutere e che ha già scatenato la reazione del segretario della Lega Matteo Salvini: «Ora la regola sembra essere diventata quella di accogliere tutti gli immigrati, non solo i profughi- commenta il leader lumbard - Questo è il senso della sentenza del giudice di Milano che ha concesso il permesso di soggiorno prima negato dalla Commissione a un 24enne del Gambia, citando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo». Ma anche una sentenza che può diventare un precedente importante per tutti quei migranti economici per i quali fino ad ora si era deciso il respingimento. Uno spiraglio dal punto di vista di chi vuole lasciare il proprio Paese in cerca di condizioni migliori altrove, un rischio per chi vede l'ondata di migranti sempre più difficile da regolare. L'interpretazione del Tribunale di Milano infatti potrebbe esser il primo passo per il riconoscimento di massa della protezione umanitaria. «Ogni individuo ha il diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali essenziali- rilancia Salvini. Quindi, chiunque nel mondo vuole star meglio viene in Italia? E gli italiani che vogliono stare meglio? Tutti a casa del giudice accogliente. Roba da matti...». Il punto che fa la differenza è la condizione di «vulnerabilità», parola citata in diverse pronunce della Corte di Cassazione che è poi il limite delicato su cui si decide o si nega un respingimento, la linea grigia che dovrebbe separare i migranti economici dai profughi di guerra. Che lascia però spazio alla discrezionalità di un giudizio sulla storia personale di ognuno. E di sentenza in sentenza la situazione diventa sempre più complicata. È di ieri infatti la decisione della Corte di Giustizia della Ue che stabilisce che non può essere arrestato un immigrato di un Paese extra-Ue soltanto perché è entrato irregolarmente in uno Stato membro. A meno che non commetta reati, va rimpatriato, non incarcerato. Lo Corte si è pronunciata sul caso sollevato da una cittadina ghanese con passaporto belga fermata in Francia nel 2013 mentre tentava di recarsi in Regno Unito attraverso il tunnel della Manica.

L'organismo di Lussemburgo ha ricordato che la direttiva rimpatri del 2008 «osta a qualsiasi normativa di uno Stato membro che reprime il soggiorno irregolare mediante la reclusione di un cittadino di un paese non Ue nei confronti del quale non sia stata ancora conclusa la procedura di rimpatrio».

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