Dopo la recita la predica. Concluse le esibizioni e gli appelli dalla tolda di Open Arms l'attore Richard Gere si è presentato ieri all'aeroporto di Lampedusa. Lì assieme a Chef Rubio, cuoco più bravo a postare che a cucinare e ad Oscar Camps, l'ex bagnino fondatore della Ong spagnola, ha spiegato ai giornalisti come l'Italia di Matteo Salvini e l'America di Donald Trump siano le due facce di una stessa medaglia contrassegnata dalla diffusione dell'odio. «Anch'io vengo da un Paese dove la situazione politica è bizzarra. Sembra sottolinea l'attore - che ci sia una generazione di politici che mettono la loro energia nel dividere le persone, come se nel dividere ci fosse del guadagno».
Gere ripete a memoria, insomma, il copione «politicamente corretto» preparatogli dagli sceneggiatori di quel buonismo progressista che da Tijuana a Lampedusa cavalca la questione dei migranti. Poi fedele alla nuova parte di American Gigolò al servizio dell'umanitarismo spicciolo rievoca con tono affranto l'odissea dei 121 che a bordo della Open Arms «mangiano tre volte al giorno» e «sembrano star bene», ma soffrono per il «forte rumore» e il «contatto ravvicinato». Insomma una vera tragedia. Illustrata, con magistrale quanto involontaria comicità, dalla foto in cui l'attore posa un palmo compassionevole sulle ginocchia di un maciste nero che - a giudicare dai bicipiti - sembrerebbe fuggito non dai lager libici, ma da un raduno di culturisti californiani. Ma incurante di tanta farsa l'ex ufficiale gentiluomo trasformato in macchietta sciorina fino alla fine il canovaccio suggeritogli dagli amici di Open Arms. «La situazione è grave, molte di queste persone sono state già su delle barche, sono state riportate in Libia e torturate e poi di nuovo in viaggio. Se non ci fosse stata l'Open Arms sarebbero morte».
Anche qui a garantire il salto dalla tragedia alla comica ci pensano le immagini. Tra tutte quelle del video girato a bordo della Open Arms in cui un Gere impegnato a implorare nuove donazioni per le Ong viene affiancato da un migrante con al collo una catena d'oro degna d'uno spacciatore di Scampia. Ma lampi di comicità involontaria non mancano neppure nella conferenza stampa. Soprattutto quando l'attore, abbandonati gli sperimentati confini dell'attivismo umanitario, si tuffa in quelli più ostici della politica. «Ero in vacanza con la mia famiglia vicino a Roma quando ho sentito dell'approvazione del decreto sui migranti, non potevo credere che i miei amici italiani potessero tirare fuori una cosa simile. Per cui ho chiamato i miei amici di Open Arms». Come dire ero in vacanza, non avevo di meglio da fare e mi son improvvisato oppositore del governo italiano e di Salvini. Scelta peraltro disinformata e poco meditata. Gli sarebbe bastato confrontarsi con «gli amici di Open Arms» (che non a caso si guardano bene dall'approdare in patria) per scoprire come il decreto Sicurezza bis sia acqua fresca rispetto alle sanzioni in vigore in Spagna. Lì nella patria accogliente, socialista e caritatevole dell'ex premier Pedro Sánchez le multe per le Ong colpevoli di soccorso illegale raggiungono, infatti, i 900mila euro. E così, alla fine, la triste e surreale sceneggiata italica dell'attore finisce per trasformarsi in un regalo a Salvini. Che incredulo di tanta fortuna non esita a recitare la battuta finale della commedia interpretata da Gere. «Richard Gere dichiara il ministro - è incredulo per l'approvazione del decreto Sicurezza bis. Sicuramente è colpito favorevolmente dalle scelte a favore delle forze dell'ordine e contro scafisti e criminali. L'Italia le attendeva da anni.
In compenso, visto che il generoso milionario annuncia la sua preoccupazione per la sorte degli immigrati della Open Arms, lo ringraziamo. Potrà portare a Hollywood, col suo aereo privato, tutte le persone a bordo e mantenerle nelle sue ville. Grazie Richard!».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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