Il premier asfalta i ribelli: critici pigri

Renzi fa il bullo con gli studenti e smonta la minoranza Pd ma crescono i mal di pancia. Rissa Cuperlo-Richetti

RomaUn governo che «decida», una politica che torni «centrale», una magistratura che non pensi di poter «scegliere i membri del governo» attraverso gli avvisi di garanzia. È un Matteo Renzi decisionista e senza complessi di inferiorità, quello che ieri si è presentato agli studenti della Luiss, pronto a difendere le sue riforme, che «sono un disegno unitario, la strategia chiara di un nuovo gruppo dirigente», contro tutto e tutti.

Compresi i malpancisti del suo partito, che ieri hanno vissuto un'altra giornata di guerriglia contro il premier, con Gianni Cuperlo che chiama in causa Renzi e Guerini chiedendo loro di mettere in castigo il renziano Matteo Richetti, reo di aver accusato la minoranza di usare il proprio (relativo) potere di veto contro il governo e le sue riforme per trattare sui propri futuri posti in Parlamento: «Le generiche accuse di autoritarismo nascondono la richiesta di una trattativa chiara per avere garanzie per il futuro», dice Richetti. Cuperlo si indigna molto per un simile sospetto (non proprio destituito di ogni fondamento, secondo molti nel Pd): «Ora basta, è un insulto irricevibile», tuona. «Chiedo a Renzi e Guerini di intervenire e dire se sono d'accordo con lui. Forse dà fastidio chiunque non accetti l'omologazione». Intanto però nella stessa minoranza continua il «tutti contro tutti», come dice l'antirenziano Boccia e come denuncia Pippo Civati: «Il dibattito interno alle minoranze si sta riducendo a uno scambio di accuse violentissimo tra i protagonisti passati e presenti». Forse è anche per questo che Renzi va deciso per la sua strada, pigliandosela con potenziali nemici ben più insidiosi di Civati o D'Attorre: quella «Vetocracy», denunciata in Usa da Fukuyama, per la quale il governo rischia di diventare ostaggio di «magistrature e lobby», di quei Tar «che decidono pure le cure mediche», dei burocrati che «stanno sempre lì mentre i ministri passano», di quegli «azzeccagarbugli» pronti ad «interpretare» a loro piacimento leggi complicate e malfatte. Contro tutto questo, spiega agli studenti della Luiss nell'aula strapiena, il suo governo sta cercando di attuare le sue riforme, e già «ha fatto molto più di quello che siamo riusciti a comunicare». Altro che «deriva autoritaria» e «democratura», come sostengono con «avvilente pigrizia» alcuni suoi «autorevoli» critici. «Non è dittatoriale chi prova a realizzare gli obiettivi su cui ha avuto la fiducia, ma chi vivacchia nella palude».

Perché la democrazia «è il sistema in cui qualcuno può decidere: il sistema in cui nessuno decide si chiama anarchia». E fa una scommessa sull'Italicum, prossimo giro di boa delle sue riforme che garantirà «un vincitore chiaro» alle elezioni: «Vedrete che tra cinque anni mezza Europa vorrà copiarlo».

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